Le origini di San Giorgio Ionico si fanno risalire al III secolo a.C.; infatti, agli inizi del Novecento è stato rinvenuto, sul colle Sant’Elia, un insediamento dell’Età del Ferro e strutture ellenistiche e romane di Età Imperiale, nonché un’ampia necropoli del IV e III secolo a.C. Tra la metà e la fine degli anni novanta, si sono avuti altri ritrovamenti con la medesima datazione. Il primo, nei pressi della masseria Feudo, è relativo ad un’altra necropoli, anche se di dimensioni più ridotte; il secondo, nel pieno centro abitato (durante i lavori di costruzione del teatro all’aperto), riguarda alcune tombe con relativi ornamenti funebri.
Lo sviluppo del borgo, comunque, si fa risalire al X secolo, quando profughi Cristiani di Taranto, che veniva saccheggiata dai Saraceni, si stabilirono nei pressi dell’attuale Chiesa Madre (Maria SS. del Popolo). Nuove migrazioni, nel XV secolo al seguito del condottiero albanese Giorgio Castriota Skanderbeg, popolarono San Giorgio e altri comuni del tarantino orientale (oggi individuati come “Albania tarantina”).
Un’altra ipotesi, contestata, sull’origine di San Giorgio, si basa sulla lettura di un documento del 1072 conservato nel Monastero benedettino della Trinità di Cava, dove si legge che il conte di Taranto, Petrone, dona all’abate Orso, del monastero benedettino di Taranto, un’ecclesia Sancti Georgi intus in Gualdam con tutte le sue pertinenze. Da qui, per alcuni storici, la conclusione che, già nell’XI secolo, intorno all’attuale Chiesa Madre di San Giorgio vi fosse un nucleo abitato. Altri storici, però, datano la fondazione dell’attuale nucleo di San Giorgio tra il XV e il XVI secolo. Infatti, il nome del casale compare per la prima volta nei documenti nel 1522.
La popolazione di San Giorgio inizia a crescere rapidamente grazie a molti immigrati albanesi e a quegli abitanti che abbandonavano i casali di Belvedere e Pasone. Le vicende storiche di San Giorgio nel XVII secolo, sono legate soprattutto alle controversie interne della famiglia Muscettola, che crearono un effetto di rallentamento nella crescita del paese, che riprenderà, poi, nella seconda metà del XVIII secolo, quando Ferdinando IV limiterà i privilegi feudali e procederà a scorporare i latifondi. San Giorgio verrà suddiviso così in 350 quote, e da questo ha inizio la cultura contadina (della coltivazione e degli scambi dei prodotti agricoli) che sarà alla base dello sviluppo economico del centro. Ma gli strascichi feudali vengono di fatto abbandonati solo nel XIX secolo, questo sarà per San Giorgio il preludio per una forte crescita civile ed economica, che è continuata fino ai nostri giorni.
Dagli anni settanta il comune, che ha sempre risentito della forte vicinanza e influenza del capoluogo, ha avuto un notevole sviluppo nell’edilizia e nell’industria (ampliamento della zona industriale), con un conseguente e ulteriore aumento della popolazione.
La chiesa madre di Santa Maria del Popolo del XVI secolo, eretta su antico luogo di preghiera del X-XI secolo, in stile barocco, ha unica navata con altare centrale ricco di marmi policromi e due altari laterali. Sono degni di nota i dipinti sui tre altari, il coro con antico organo a canne e scultura lignea del santo protettore San Giorgio Martire (festeggiamenti il 23 aprile). La cappella adiacente alla chiesa madre ed all’annesso e pregevole oratorio del Santissimo Rosario (secolo XV), è il monumento più antico del comune, che è venuto alla luce durante alcuni lavori di restauro.
La centrale piazza San Giorgio (già piazza Margherita) ha un interessante mosaico pavimentale. Nel centro storico si trovano anche alcuni palazzi nobiliari (il settecentesco palazzo Imperio, palazzo Alberini-De Siati, palazzo Alberini-Caramia), la cappella della Madonna della Croce, la chiesa SS. Maria Immacolata (eretta fra il XIX e il XX secolo), villa Parabita e il castello dei conti D’Ayala Valva (XX secolo) con la vicina cappella del Calvario, nonché varie ed antiche edicole votive.
Appena fuori dal centro abitato, in direzione Pulsano, si trova il complesso delle cave tufacee “Le Tagghjate”, di rilevante valore antropologico per la comunità locale.