Di Francesca Tomei
Sono sempre più diffuse le figure di professionisti nel mondo cinofilo. Il primo motivo va ricercato nel numero sempre maggiore di cani nelle famiglie. Ma anche nel fatto che il cane e l’uomo sono due specie differenti (lo ripeto spesso!) e la comunicazione e comprensione tra le due non è sempre semplice e scontata. Inoltre sono in numero crescente i cani con trascorsi non facili o “rovinati”dall’operato umano che presentano aspetti e atteggiamenti problematici e per questo meritano di essere seguiti da esperti. Così il proprietario, sperando di riuscire a semplificare il proprio rapporto col pet, si rivolge ad un professionista. Talvolta, ma molto raramente purtroppo, il proprietario contatta l’Educatore nel momento in cui il cane arriva in famiglia, perché sente la responsabilità dell’impegno assunto e desidera farsi guidare per prevenire errori e malintesi. Ancor più raramente ci si rivolge a professionisti per una consulenza preadozione, in modo da operare la scelta consapevole e corretta
di una particolare razza, valutandone i pro ed i contro. Ma le figure professionali sono tutte uguali? Operano secondo le stesse modalità e si prefiggono gli stessi obiettivi? La risposta è, ahimè, no!! Come in ogni ambito esistono professionisti con differenti specializzazioni ed anche, purtroppo, tanti ciarlatani… Il primo consiglio è quello di rivolgersi ad un vero professionista che abbia seguito un iter formativo documentato (oggi purtroppo ci sono anche tanti corsi on line…diffidare!!!). Se scorriamo le pagine del Web troviamo elenchi lunghissimi, ma non tutti sono Professionisti. Il professionista serio non ha paura di farsi conoscere, Può avere un sito Web, una pagina Facebook, ma non è sufficiente come garanzia di serietà. E’ serio chi espone il proprio curriculum, elencando gli studi seguiti, presso quali scuole, le esperienze, le collaborazioni, le attività svolte. Può essere affiliato ad un Ente o una Federazione, presso cui ha sostenuto un esame di abilitazione. E non si svende! Non offre il proprio servizio a prezzi modici, perché la professionalità e la qualità si pagano, altrimenti vengono sottovalutati. Superata questa prima panoramica ci rendiamo conto che le tre figure più diffuse sono l’Educatore, l’Istruttore e l’Addestratore. Al contrario di quanto si possa pensare non sono la stessa cosa. Anzi le differenze sono notevoli, per la formazione seguita, per i metodi utilizzati ed il campo di intervento
dei professionisti. L’Educatore si occupa di cani fino ad 1 e ½ – 2 anni di età. Educare (dal latino ex ducere) significa far esprimere la vera natura del cane, favorendone l’integrazione e l’adattamento a quella che sarà la vita in una società a misura d’uomo. E questo deve avvenire nel totale rispetto del suo benessere, che non è semplicemente assicurargli cibo, cuccia, passeggiate e salute, ma appunto permettergli di essere un cane. Quindi educare non è abituare il cane a comportarsi bene (dal punto di vista umano?) ma assicurargli la sua identità nel rispetto, si, di alcune regole, ma anche attraverso la modificazione della visione e dell’atteggiamento umano. Perché l’Educatore interviene entro i due anni di età? Perché intorno a quel periodo si verifica la maturità sociale (diversa da quella sessuale) dell’animale. A quell’età il cane diventa adulto, il carattere è formato e si è già dato delle risposte circa il proprio ruolo e la propria posizione sociale. E le sue convinzioni sono talmente forti che è difficile fargli cambiare idea senza l’aiuto di un esperto. E’ un po’ come per noi, da adulti facciamo più fatica a cambiare, siamo meno flessibili e più radicati nelle nostre convinzioni. Dopo la maturità sociale del cane è richiesto l’intervento dell’Istruttore, che lavora non solo con i cani adulti, ma anche con i cosiddetti “casi comportamentali”: ansia, fobia, aggressività, iperattività,… L’Istruttore è il professionista che istruisce, cioè fornisce gli strumenti, le conoscenze utili per rafforzare o creare la flessibilità cognitiva e l’equilibrio emotivo del cane. Sono indispensabili la collaborazione e la fiducia da parte dei componenti familiari, soprattutto perché nella maggior parte dei casi comportamentali le cause vanno ricercate in una relazione alterata del branco misto. E’ spesso necessaria la collaborazione col veterinario Comportamentalista, che non è il vet di fiducia, ma un medico specializzato in patologie comportamentali e squilibri psicoemotivi, e che non si limita solo alla eventuale prescrizione di farmaci, ma consiglia e coopera nel percorso di rieducazione. Un Istruttore può essere anche Educatore, ma non viceversa. Le due figure possono, ed in alcuni casi devono, lavorare insieme. Il Codice Deontologico per entrambi è lo stesso: benessere del cane, sviluppo delle competenze emotive e cognitive del cane (ma anche degli umani) e creazione o ampliamento della relazione uomo – pet. Entrambe le figure non lavorano solo col cane ma preparano un programma familiare perché tutti i componenti della specifica famiglia ( o branco misto) devono collaborare, cooperare, modificarsi e migliorarsi. Infatti il più delle volte un cane può presentare comportamenti inappropriati in un contesto familiare e non in un altro. Quindi è proprio in quel nucleo che si deve intervenire per rompere gli schemi esistenti e creare nuove opportunità. Il metodo dell’Educatore e dell’Istruttore è basato su una concezione cognitiva: il cane possiede una mente e prova emozioni, e pertanto non è una macchina. Il “cane educato” non è quello che si comporta come l’uomo desidera, ma quello che ha un carattere strutturato, equilibrato, adattativo ed è prosociale (capace di inserirsi in maniera positiva in situazioni varie) Educatori ed Istruttori mettono il cane nella condizione di “lavorare” , cioè di apprendere, provando emozioni positive, utilizzano il gioco ed il rinforzo affinché il cane trovi vantaggio in quello che fa…e se una cosa è vantaggiosa verrà ripetuta volentieri! I cani non sono tutti uguali, ognuno ha un carattere, un bagaglio di esperienze, una propria idea del mondo, una più o meno grande competenza emotiva. L’importante è strutturare ed organizzare un piano di lavoro che tanga conto dello specifico soggetto che si ha davanti, nel suo rispetto e nel rispetto dei suoi tempi e delle sue possibilità. Oltre questo tipo di approccio ne esiste un altro, l’Addestramento. Si fa spesso confusione tra le varie definizioni e si utilizza il termine Addestrare per indicare il lavoro con i cani in genere, ma la differenza è abissale. L’Addestramento è basato su automatismi e condizionamenti del comportamento del cane (o di altri animali) e sull’idea di “utilizzo del cane”. Il cane diventa uno strumento programmato per gli scopi umani e la performance del cane deve rispondere alle richieste di controllo, inibizione e standardizzazione. In sostanza il cane può essere paragonato ad una macchina, senza mente o emozioni: ti chiedo questo e devi farlo, non mi interessa se non ti va, se non stai bene, se c’è qualcosa che ti preoccupa o non sei ancora pronto. Tutto quello che è sgradito all’uomo viene inibito, anche attraverso punizioni. In questo tipo di lavoro non può esserci relazione, ma solo paura. Non c’è fiducia, rispetto reciproco, ma ancora solo paura. Spesso poi, gli Addestratori si fanno lasciare i cani per un periodo di tempo, con la promessa di “riconsegnarli a posto”, “sistemati”. E cosa pensiamo che facciano? Prendono la loro cassetta degli attrezzi, sostituiscono, stringono, lubrificano?…Mai e poi mai lascerei i miei cani a qualche “professionista”. Se c’è qualcosa che non va o qualcosa che deve essere modificato, migliorato, si deve lavorare con i soggetti con cui il cane vive, è lì che sta l’eventuale problema o la soluzione per risolvere il tutto. Senza contare che spesso gli Addestratori utilizzano e consigliano metodi orribili: collari a strangolo o semistrangolo, a spruzzo, elettrici, o anche “colpetti, o piccole correzioni”. Ah, utilizzano anche il bocconcino, è vero, il premietto…perché loro amano i cani. Forse lo fanno nel modo sbagliato? I dati confermano l’inefficacia di questi metodi: i cani “addestrati” dopo un periodo di apparente “calma ed ubbidienza” (dovuta a paura e stress per essere stati estromessi dal branco ed aver vissuto esperienze negative), manifestano nuovi problemi, anche più grandi rispetto a prima. Inoltre la maggior parte dei casi di aggressioni ( verso uomini e cani) è statisticamente attuata da soggetti sottoposti ad addestramento. Tanti professionisti si sono “convertiti” all’approccio cognitivo ed al metodo gentile, e a loro va tutta la mia stima, perché sono stati capaci di mettersi in discussione. Si sta superando la concezione dell’animale oggetto a disposizione dell’uomo, perché si comincia a capire che la violenza, l’imposizione, l’inibizione, l’ubbidienza non funzionano. Funzionano invece la comprensione, la comunicazione, la fiducia ed il rispetto. Lo stesso avviene tra le persone, proprio perché umani ed animali sono più simili di quanto si è creduto fino a non molto tempo fa.
Francesca Tomei, Istruttore Cinofilo presso Divertirsi a 6 zampe A.S.D.
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