Nell’ex refettorio del Convento di Pulsano, giovedì 5 dicembre, Pietro Lucchese, già preside per 20 anni in vari licei, docente di Storia e Filosofia precedentemente, nonché pubblicista , ha presentato ai pulsanesi, per conto della casa editrice “Scorpione” di Taranto, la sua ultima pubblicazione intitolata “ Pulsano” col sottotitolo “ Alcune notizie sul mio paese e riflessioni su altri argomenti”. L’iniziativa della Presentazione del libro, patrocinata dal Comune di Pulsano e dall’ Associazione culturale “ La ngegna” , utilizzando il ricavato delle vendite di alcune pubblicazioni come questa si pone l’obiettivo di promuovere e valorizzare monumenti storici quali il mulino” Scoppetta”, straordinario esempio di archeologia industriale. Abbiamo con noi l’autore al quale, a nome della redazione del nostro giornale, inviamo i più cordiali saluti, ponendo alla sua attenzione una domanda introduttiva per iniziare la nostra conversazione.
Partiamo dall’osservazione di Claudio Magris, editorialista del “ Corriere della sera” per chiedere a Pietro Lucchese se il suo viaggio nella scrittura si possa ritenere un lieto esilio o una rinascita.
“Bene, senz’altro non un esilio e né una rinascita perché io sono immerso nella scrittura da molti anni, tanto è vero che questa è stata la mia dodicesima pubblicazione ed è in corso d’opera un’altra, che uscirà credo fra febbraio e marzo su G. Battista Vico, uno dei più grandi scrittori e filosofi che abbiamo avuto nel Sud d’ Italia”.
Quanto ha influito l’esperienza di pubblicista ad acuire le osservazioni e le riflessioni riportate in questo gradevole compendio?
“Si tratta in realtà di una raccolta di scritti che risalgono a diversi anni fa quando io scrivevo su giornali e riviste locali, ma soprattutto, nella seconda parte, i pezzi che, per quattordici anni, ho pubblicato sulla rivista, che ha una diffusione nazionale, denominata ” Scuola e amministrazione”.
Come si può definire Pulsano con gli occhi del presente?
“Come si definisce un qualunque centro abitato, naturalmente le condizioni in cui si vive sono molto diverse da quelle che io osservavo diversi anni fa. Un tempo era maggiormente radicata nei pulsanesi la convinzione che bisognava arrangiarsi per sopravvivere, inoltre la calda umanità della gente del posto rappresentava il quotidiano nutrimento insieme allo scambio disinteressato dell’amicizia”.
Cos’ha rappresentato nel proprio immaginario questa realtà territoriale?
“Ha creato, naturalmente delle emozioni, perché essendo vissuto là tanti anni, quelli vissuti fuori in Piemonte ed in Toscana,anche se per breve tempo, mi sollecitavano a scegliere quelle emozioni che non facevano disperdere i fili della memoria che tengono insieme saldamente, nella testa, il senso di appartenenza al mio paese”.
Quali sono state le voci più autorevoli di quei compaesani che hanno influito maggiormente nel forgiare la propria coscienza civica?
“Quei compaesani che purtroppo non ci sono più come Padre Benedetto Calati, il prof. Piero Mandrillo ed il prof. Cosimo Fornaro che definisco i miei maestri. Ce ne sono altri viventi, ma mi sembra inutile elencarli”.
E’ possibile valorizzare le risorse presenti della comunità cittadina e cosa vuole comunicare alle giovani generazioni?
“A coloro che, specie nelle idee, si sentono giovani, a chi avverte dentro di sé l’impulso verso l’innovazione ed a quelli che, in passato, si sono prodigati per migliorare le condizioni del nostro paese, mi permetto di ricordare un aforisma di Nietzsche: “ Non è già la forza , bensì la durata di un alto sentire che fa gli uomini superiori”. E’ la forza della perseveranza a farci conseguire risultati che ci sembrano impossibili. Ai giovani che oggi possiedono “ una dentatura forte, per poter masticare e digerire norme comportamentali, che li aiutino a crescere ed a farsi uomini” giungano i miei auspici affinchè i loro sacrifici non siano inutili”.
Come educatore, alla luce del sapere storico-filosofico, si fa portavoce dei problemi esistenziali dei nostri giovani, quale riflessione vorrebbe porre alla loro attenzione?
“La riflessione che pongo alla loro attenzione è quella che riguarda il problema occupazionale, ben descritto nell’articolo intitolato “ La formazione come leva dello sviluppo”in cui dico chiaramente che il nuovo sistema scolastico deve necessariamente subire una riforma globale, per poter reinterpretare la propria funzione di fronte ai cambiamenti di natura epocale, che ci stanno innanzi cioè: mondializzazione dell’economia, diffusione delle tecnologie informatiche, trasformazione dell’organizzazione produttiva dei ruoli lavorativi, rinnovamento tecnologico. Dovranno, cioè, combinarsi insieme problematiche relative ad una più solida formazione culturale di base e competenza professionale, in funzione dell’occupazione e della crescita sociale ed umana”.
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