di Gianbattista Tagliani
La scelta di Silvio Berlusconi di spingere i “suoi” ministri alle dimissioni dal Governo guidato da Enrico Letta sta generando una complessa reazione a catena.
L’effetto sorpresa è stato pienamente ottenuto. In pochi avrebbero scommesso sulla mossa del Cavaliere. Sembrava potesse essere solo uno spauracchio, una minaccia mirata alla soluzione della propria questione giudiziaria ma nulla più, tenuto conto delle infinite emergenze cui deve far fronte l’Italia contemporanea.
Invece la minaccia è diventata azione.
La reazione a catena è incominciata tra le fila del PDL stesso dove i Ministri si sono dimessi in blocco in segno di lealtà al partito ed al suo leader, ma alcuni di loro oltre che personaggi di primissimo piano nel PDL hanno imposto una riflessione urgente.
Matteo Renzi l’aveva previsto quando nel corso dell’ultima campagna elettorale ha ripetutamente sostenuto che il PD avrebbe dovuto puntare a conquistare una parte dell’elettorato del PDL, la meno berlusconiana, la più moderata.
D’altronde la nascita stessa del PDL era apparsa un po’ frettolosa, una risposta di pancia all’affronto di Fini. Era lecito dunque ipotizzare uno scenario come quello che oggi si sta componendo. Renzi ha senz’altro colto nel segno ma la sua intuizione potrebbe rivelarsi un boomerang.
Per il sindaco di Firenze non sarà affatto facile consolidare l’immagine di aggregatore trasversale di consensi se il prossimo 2 Ottobre il parlamento esprimerà una nuova maggioranza.
Enrico Letta infatti, in questi primi mesi di governo, se da una parte ha avuto ed ha, poco spazio di manovra per poter prendere provvedimenti d’impatto, dall’altra ha ottenuto un rilevante ritorno d’immagine sia in Italia che all’estero. Matteo Renzi inizia a non sembrare più l’unica “best option”. Enrico Letta ha mostrato capacità di dialogo e di mediazione ben oltre gli standard conosciuti nel recente passato ed ora può tentare l’allungo sul sindaco di Firenze perché l’attuale esperienza di governo, sommata ai precedenti incarichi a livello nazionale lo hanno trasformato in un “top player” e non più un giovane dalle belle promesse.
Il continuo rinvio del congresso PD e dunque della corsa alla segreteria infine sta logorando non poco Renzi.
Il rischio è che il messaggio dirompente ed innovativo di Matteo Renzi finisca per esser percepito come una litania furbetta, a furia di esser ripetuto, ma senza esser mai verificato.
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