Di Ester Lucchese
La primavera è il momento della pienezza, del risveglio dal lungo torpore dell’inverno o meglio metaforicamente dalla morte apparente come può essere quella di un albero che ha perso le foglie, ma che nella profondità del terreno le sue radici vive porteranno alla rigenerazione. In questo contesto o scenario naturale ha avuto origine la Pasqua, termine che deriva dall’ebraico Pesach che significa “ passare oltre” e si riferisce al momento in cui gli Ebrei, prigionieri in Egitto, furono liberati dalla schiavitù. Per questo motivo la Pasqua ebraica rappresenta il momento della liberazione. Il cristianesimo attribuisce invece allo stesso termine un nuovo significato, indicherebbe cioè il passaggio dalla morte alla vita da parte di Gesù. Ecco perché si chiama Pasqua di resurrezione. La stagione dell’anno in cui si festeggia questa solenne festa religiosa corrisponde alla primavera, al momento cioè del risveglio della natura. Si può dunque stabilire una correlazione fra l’arrivo di questa bella stagione e la Pasqua. Le leggi universali, stabilendo la ciclicità dei momenti stagionali dell’universo, richiamano le tradizioni culturali dell’uomo. La dimensione religiosa in questo senso obbedisce alle leggi dell’universo per il fatto che la Pasqua segna il resuscitare di Cristo, così come la stagione primaverile rappresenta il ritorno alla vita da parte della natura con quel suo morire per poi rigenerarsi. L’iconografia quattrocentesca con La resurrezione di Pier Della Francesca ci ha voluto consegnare un’opera pittorica di indiscutibile bellezza. In questo dipinto Cristo si erge ieratico e la sua figura divide in due parti il paesaggio: invernale e morente da un lato, estivo e rigoglioso dall’altro. La poesia riesce a trasmettere concetti e stati d’animo in maniera più evocativa come i versi del brano poetico Variazioni su una corda d’infinito n. 1 del poeta sardo G. Mascia che esprimono questa trasformazione naturale con le seguenti parole: “Il sale della vita che si schiude/ germoglia al buio e poi/ luce di luce/… Laddove il fato muore e poi ritorna/ morte di vita e vita nella morte/ di forma e forza fiorita senza fine.” Nel periodo del Romanticismo Alessandro Manzoni, nel momento della scoperta del sentimento religioso e all’avvenuta conversione, aveva composto i bellissimi Inni Sacri, una raccolta di cinque poesie tra cui spicca “La resurrezione”. In essa a nome della carità, della fratellanza ed dell’uguaglianza i fedeli, attraverso il poeta , riscoprono la straordinaria vicenda cristiana. In questo componimento poetico la voce del credente si confonde con quella corale della Chiesa che vuole esultare dicendo, con certezza di fede che Cristo “E’ risorto. Nella seconda parte dell’intera lirica ricche e suggestive appaiono le immagini descrittive come in questi versi: dall’un canto/ dell’avello solitario/ sta il coperchio rovesciato/come un forte inebriato/il Signore si risvegliò/ come a mezzo del cammino/ riposato alla foresta/ si risente il pellegrino/ e si scote dalla testa/ una foglia inaridita/ che dal ramo dipartita/ lenta lenta vi ristè.” Eloquente risulta essere il paragone fra la pietra tombale dalla quale Cristo si libera con naturalezza e la foglia secca che il viandante rimuove dalla sua testa. Gli ottonari invece conferiscono al verso un andamento ritmico così come appare nel linguaggio del popolo cristiano.
Per tutti noi questa festa speciale sia occasione di rinascita e lieto annuncio per riscoprire la dimensione naturale e spirituale dell’essere umano.
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