Di Ester Lucchese
La storia ufficiale ci ha consegnato una versione probabilmente non veritiera di quello che fu il fenomeno del brigantaggio nelle terre del sud Italia dopo l’unificazione del 1861, cerchiamo di capire le ragioni di tutto ciò. L’Italia post unitaria con la Destra liberale al potere, a causa dell’inasprimento delle tasse, si mostrò insensibile alla situazione del Sud dove non si era attuata la formazione della nuova classe sociale operaia, per cui molti contadini ed ex militari dell’esercito borbonico diedero vita al brigantaggio. Il fenomeno aveva interessato buona parte delle terre del Mezzogiorno e si era verificato negli anni Sessanta e Settanta. La politica del governo fu condizionata dalla relazione fatta da Giuseppe Massari, deputato alla Camera, componente della Commissione d’ inchiesta sul Mezzogiorno il quale aveva attribuito le cause del fenomeno all’oppressione borbonica che aveva tenuto il popolo in uno stato di degrado, di ignoranza e di illegalità. Il calabrese onorevole Miceli invece attribuiva le cause del fenomeno alla questione agraria secondo la quale non vi era stata una distribuzione delle terre e la rispettiva divisione, mentre i terreni ecclesiastici, venduti all’asta, avevano contribuito a rafforzare la grande proprietà. . “Il brigantaggio- sosteneva G. Massari– era la protesta selvaggia e brutale della miseria contro secolari ingiustizie, congiunta ad altri mali che la infausta signorìa dei Borboni aveva creato e aveva lasciati nelle province napoletane: l’ignoranza, la superstizione e segnatamente, la mancanza assoluta di fede nelle leggi e nella giustizia.” “Nessuno vorrà mettere in dubbio che i briganti siano perseguitati senza posa- metteva in evidenza Miceli– se però si sorpassano i limiti della repressione anziché distruggere il brigantaggio lo si rende perenne e sempre più feroce”. Secondo il deputato calabrese solo un’audace legislazione, capace di distribuire ai contadini le terre demaniali, avrebbe potuto risolvere il problema alla radice e avvicinare le popolazioni rurali meridionali al nuovo stato. I problemi del Sud venivano visti e valutati invece alla luce dei presupposti errati. Gli interventi anti-brigantaggio mirarono, esclusivamente alla repressione militare senza analizzare le cause profonde del fenomeno. Fu determinante al riguardo la “Legge Pica” del 15 agosto 1863, quando venne proclamato lo stato d’assedio, “con rastrellamenti di renitenti alla leva, di sospetti, di evasi e pregiudicati. Le rappresaglie furono atroci e sanguinose da entrambe le parti e spesso le masse furono coinvolte loro malgrado negli scontri pagando con la distruzione di interi villaggi e le fucilazioni senza processo di centinaia di contadini ritenuti a torto fiancheggiatori dei briganti”. Si calcola che tra il 1861 ed il 1865 rimasero uccisi in combattimento o passati per armi 5212 briganti. Ma chi era il brigante? ”Secondo il mito popolare il brigante era il paladino del povero, cavalleresco e generoso riparatore dei torti. Il popolino accoglieva le bande da liberatrici con luminare, feste e Te Deum, perché il clero era tutto schierato dalla loro parte”. ( da Storia d’ Italia di Indro Montanelli) Numerosi furono i briganti del periodo che passarono alla storia. Carmine “Donatello” Crocco, originario di Rionero in Vulture (Basilicata), fu uno dei più famosi briganti di quel periodo. Egli riuscì a radunare sotto il suo comando circa duemila uomini, compiendo scorribande tra Basilicata, Campania, Molise e Puglia, affiancato da luogotenenti come Ninco Nanco e Giuseppe Caruso. Altri noti furono Luigi “Chiavone” Alonzi, che agì tra l’ex Regno borbonico e lo Stato Pontificio, e Michele “Colonnello” Caruso, uno dei più temibili briganti che operarono in Capitanata. Anche le donne parteciparono attivamente alle rivolte postunitarie, come le brigantesse Filomena Pennacchio, Michelina Di Cesare, Maria Maddalena De Lellis e Maria Oliverio. Il fenomeno del brigantaggio riassunse in sé in quegli anni il più vasto e complesso problema meridionale. Di fronte allo scontento del Mezzogiorno, si assistette invece ad una saldatura degli interessi dei latifondisti meridionali e della borghesia industriale settentrionale, che non riconobbero alcuna legittimità politica alle richieste contadine. L’unità d’ Italia del Mezzogiorno con l’eliminazione del Regno delle Due Sicilie e l’annessione del Sud al Regno sabaudo piemontese, aveva arrecato gravi danni al Meridione ed inoltre non era stata preceduta da un’adeguata evoluzione del sistema sociale. I burocrati piemontesi non avevano tenuto conto degli usi e dei costumi antichi meridionali. La guerriglia prolungata dei briganti tuttavia non ebbe una direzione e degli obiettivi strategici e politici per questo i rivoltosi furono sconfitti. La gente del Sud, in quegli anni, a causa delle difficili condizioni di vita, preferì emigrare al Nord o all’estero, Stati Uniti ed Argentina soprattutto.
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