Di Ester Lucchese
Vivere un’esperienza produttiva, attraverso la lettura di un romanzo che illumina la mente, è quanto il piemontese Roberto Cotroneo, giornalista, critico letterario e scrittore, possa auspicare ai suoi lettori. Otranto è un libro che uscì nel ‘97 e per tutto questo tempo ha costituito un esempio di narrazione schietta ma anche complessa ed analitica, ragion per cui volentieri si ritorna a leggerlo più di una volta. Lo scrittore in esso recupera il mistero, riuscendo a far rivivere l’eco di una storia antica in cui si rafforza il senso di appartenenza attraverso la grazia leggera e vibrante della scrittura capace di svelare la verità. Il sud per l’autore è “un mondo nuovo, una terra particolare, specialmente il Salento, terra magica e vitale.” La particolarità della trama è rappresentata dallo snodarsi di una vicenda esistenziale romanzata. Questa è costituita dalla rievocazione storica dell’eccidio degli ottocento martiri udruntini, avvenuto nel lontano 1480. Otranto diviene la città simbolo dove il sacrificio per Cristo “aveva raggiunto uno dei momenti più drammatici e più alti”. La protagonista è l’olandese Helena che nel compiere il certosino lavoro del restauro della pavimentazione della cattedrale gotica, un vero e proprio “tappeto di preghiera”, sembra intenta a ricostruire in questa terra la sua storia a cui un caso del destino la tiene legata. Man mano che prende corpo il racconto si definisce con più certezza il mosaico esistenziale della giovane protagonista, come se si stesse ”sciogliendo un enigma”. Ella sarà colei che dovrà “unire e collegare i fili sottili che mettono in comunicazione il caso con il destino, e accendono la conoscenza di mondi impossibili”. Il libro è stato giustamente definito il “libro della luce”, perché è questo l’elemento che costituisce il punto focale dell’intero racconto. “ La luce del sud -sostiene l’autore- forgia le forme e determina il colore di ogni cosa su cui si posa e segna, con la sua ombra, l’immaginazione. La luce che abbaglia sui muri bianchi della città, che fa socchiudere gli occhi e può accecare, che confonde le forme perché le rischiara, svelandone la vera natura”. Una luce che infatti sembra risvegliare antichi fantasmi, ne definisce i colori, determinando il tonalismo a seconda della sua intensità. Essa “ è il luogo in cui immergersi, per emergere nuovamente con uno sguardo diverso…fa arrivare fino agli occhi l’illusione di ciò che non c’è”. Se Helena riuscirà ad evitare i turbamenti, le distrazioni, le opinioni false, le fantasticherie viziate potrà vedere la luce, “quella che brilla per se stessa, illuminando tutto ciò che è diverso da essa”. È come se quotidianamente, nei vicoli di Otranto si perpetuasse il dolore di quell’antica strage di vittime innocenti e la luce scandisse ogni percezione. A Otranto “le case sono bianche. Un bianco più denso di qualunque colore fiammingo, un bianco maltrattato dalla luce del sole, che mostra tutto”. Le ombre dei torrioni del castello ed i muri delle case proiettano l’ombra che fa da contrasto alla luce quasi accecante che avvolge la città. Ogni ricordo o vicenda passata costituisce una “massa informe di sensazioni.” Nel romanzo il mare, quella distesa leggera e lieve, cambia di continuo il colore che assume sfumature che non si fondono … ma si alternano in una giravolta di tinte imprevedibili, giostra di cromatismi. Quel mare ha significato per lungo tempo pericolo e dunque appare freddo e del “colore della rassegnazione”. Esso separa le montagne d’Albania” tinte di un colore che assomiglia ad un grigio sbiadito dal vapore acqueo… preludio ad un dipinto, da cui sembra sia partita la spedizione turca contro Otranto”. Il cielo di Otranto è di un azzurro intenso “che non si può nemmeno sognare”, mentre il vento è “tiepido ed incipiente, pieno di voci del passato che fa correre le pagine della vita in modo casuale”. Passato e presente si fondono nel cerchio della vita che accomuna tutti gli esseri in un’unica sorte, tasselli di un immensa entità: l’umanità. Un’umanità maltrattata e poi successivamente riscattata. L’esistenza è un cammino in cui ognuno può ricostruire la sua storia ancorandosi al passato da cui il presente è vivificato. L’opera pregna di suggestioni è a tutti gli effetti un “libro iniziatico” in cui la scrittura onirica è capace di avvolgere ogni cosa come in un sogno dove si sprigiona la libertà creativa, si affina la sensibilità e si arricchisce il modo di comunicare attraverso le immagini che sollecitano le emozioni del lettore facendole corrispondere a quelle dei personaggi.
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