Di Ester Lucchese
L’autrice Banana Yoshimoto, Mahoko nella realtà, ha scelto questo pseudonimo a causa della sua passione per i fiori rossi del banano, di cui ha un esemplare nella sua casa a Tokyo. Figlia d’arte, si laureò al college delle arti della Nihon University con una specializzazione in letteratura. Ella attraverso i ricordi, ricostruisce la propria identità con più consapevolezza, riuscendo a guardare con più acutezza cosa succede nel presente. La scrittrice giapponese, esempio peculiare della creatività femminile nella letteratura, rivendica l’importanza della scrittura delle donne nel tempo, attraverso i suoi numerosi romanzi. Con lei la donna rinasce vittoriosa dalle sconfitte di tutti i giorni nella sua quotidiana naturalezza.
Fonte d’ispirazione nello stile è derivato dalla lettura delle storie non horror di Stephen King e dai grandi scrittori della letteratura mondiale come Isaac Bashevis Singer e Truman.
Il libro “ Un viaggio chiamato vita” è un modo di percorrere la vita stando fermi, lasciandosi trascinare dai ricordi. Esso fa parte del genere del romanzo memoriale che contraddistingue tanta scrittura femminile. L’ opera della scrittrice non può definirsi un vero e proprio romanzo, ma una raccolta di tantissimi ricordi della sua vita e dei viaggi effettuati lungo il corso dei suoi quarant’anni. Il ricordo, ella sostiene nel suo memoriale, fa scomparire stanchezza e spiacevoli sensazioni, ma lascia profumi sapori ed immagini nella loro inalterata bellezza. Il sapore, il profumo ed il rumore rimangono impressi dentro di sé e la vita va vissuta nel modo in cui si considera un viaggio “quando di ritorno si guardano le fotografie e non vi si percepisce traccia della stanchezza fisica o del clima avverso”. Per vivere intensamente bisogna avere la capacità di vedere nelle piccole cose e coglierne l’impulso vitale, perché la vita è “ fatta di piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori”e gli “ esseri umani, prosegue la Yoshimoto, non potrebbero vivere se non ci fossero momenti di felicità come quelli”. La scrittura distesa, chiara e lineare dà voce alla quotidianità e all’esperienza emozionale del mondo dell’ autrice.
La spontaneità nello stile fa trasparire la sua vera natura che le permette di emanare gioia con la qualità essenziale dell’ autenticità del proprio linguaggio intimo e semplice.
I preziosi frammenti di memoria della Yoshimoto sono un invito a rallentare il ritmo per ritrovare se stessi e riappropriarsi del proprio corpo, del proprio spirito e soprattutto del proprio tempo, inteso come dimensione dell’anima.
Nella metropoli di Tokio, la terra della scrittrice, immenso agglomerato urbano, tutti sono occupati e non riescono ad incontrarsi, neppure le persone che si amano.” Siamo sempre di corsa e non sappiamo più cosa significhi avere voglia di incontrare una persona e parlare con lei” ella dice che a salvare le persone sono prima di tutto “ il contatto con il tepore dei sentimenti”.
Dopo il terremoto ed il maremoto dell’11 marzo del 2011, in cui si ebbero 378 morti e 584 dispersi, con più determinazione la scrittrice ha voluto continuare a scrivere per riappropriarsi della normalità. Ad un’intervista rilasciata di recente aveva dichiarato che “ il Giappone poteva diventare un paese bello, pacifico, impegnato nella protezione della natura e dell’ambiente, e che i suoi abitanti potevano imparare di nuovo a vivere un po’ più semplicemente. E così come c’è chi fa coraggio a lei, anche lei vuole fare coraggio agli altri e rimanere fedele alla propria terra”.
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