Di Ester Lucchese
Leggendo il romanzo d’esordio, Parallele divergenti, della torinese Monica Traversa, nella vita avvocato civilista, si percepisce sin dall’inizio l’originalità dell’intreccio. L’autrice utilizza la nota manifestazione che ha mantenuto un legame ininterrotto con il Medioevo, denominata Carnevale d’ Ivrea, caratterizzata da un complesso cerimoniale folcloristico, come cornice di una vicenda moderna ambientata nei nostri giorni. I riferimenti ad una tradizione radicata sono sparsi in tutta l’opera. Il berretto frigio simbolo di libertà, come dice l’autrice in occasione del carnevale lo indossano tutti “dal sindaco in giù, autoctoni e forestieri”. Chi lo indossa acquista quel senso di appartenenza alla realtà eporediese. La sensibilità molto spesso rappresenta il tramite grazie al quale le persone scoprono che vi è un legame tra loro, anche se le proprie strade sono parallele e divergenti, come se si stesse seduti”l’una accanto all’altra, senza potersi toccare e, soprattutto, destinati a non trovarsi”. L’immediatezza espressiva, con la quale riusciamo a cogliere e ad intuire barlumi di verità in una dimensione che non è misurabile, perché risiede nell’animo, è data invece dal sentimento in grado talvolta di annullare le distanze e le differenze di età. “L’età anagrafica non è che un numero su un registro -sostiene l’autrice- conta come ci si sente dentro.” Quel sentimento per Lucilla, uno dei due protagonisti del racconto insieme a Vittorio, rappresenta “non solo la paura di invecchiare e di vedere il proprio aspetto mutare, ma anche il timore di vedere il tempo a disposizione ridursi inesorabile”come si può notare nella sequenza riflessiva del Capitolo VI. Si alternano, inoltre, digressioni di carattere storico, in riferimento alla povertà di tutti coloro che ripiegarono nell’emigrazione degli anni ‘50 scegliendo come destinazione Torino, città agevolata dallo sviluppo industriale. La vita parrocchiale inoltre, per molti immigrati e non, rappresentò un punto di riferimento e l’occasione per inserirsi nella realtà cittadina in maniera “meno ostile ed estranea”. L’unità narrativa appare pertanto ben modulata grazie alle parti descrittive che introducono ogni personaggio come, per esempio, l’amica universitaria di Lucilla, Silvia, di origini pugliesi la quale – riporto la descrizione che ne fa l’autrice- “ aveva capelli ricci e rossi, con due grandi occhi verdi, viso tondo, un nasino piccolo impreziosito da qualche lentiggine che le conferiva un’aria da eterna ragazzina, magra non priva di curve nei punti giusti, sempre attenta alla linea e dedita allo sport…al lavoro si trovava sempre a combattere con la ristrettezza di fondi e risorse, con il maschilismo che imperava sovrano anche al nord d’ Italia”.
Man mano che prende corpo la vicenda relativa ad “una causa civile di appalti” i due protagonisti scoprono le proprie affinità” in quella comunione di intenti che li porta a godere del presente, senza pensieri.”
Il viaggio, un altro elemento fondamentale dell’intreccio, rappresenta invece il pretesto per guardarsi dentro.