Di Enzo Carrozzini
Disposizione di rinvio a giudizio per Emilio Riva, (già presidente dell’Ilva), suo figlio Fabio e altri 27 altri dirigenti succedutisi negli anni alla guida del complesso siderurgico ionico, (nel corso del passaggio dalla mano pubblica -Italsider- a quella privata), tutti accusati di omicidio colposo per la morte di 15 operai, deceduti nel periodo compreso tra gli anni 2004 e 2010 a seguito di malattie da esposizione all’amianto, come il famigerato mesotelioma pleurico. Il Giudice per le indagini preliminari Dottor Giuseppe Tommasino, ha accolto le richieste formulate lo scorso 9 Giugno dalla Procura,in occasione dell’inizio della discussione in sede di composizione delle parti, nelle persone dei sostituti Raffaele Graziano, Pietro Argentino, e dal Procuratore Franco Sebastio. I massimi responsabili dell’Ilva, tra i quali, oltre ai Riva, spiccano i nomi dell’attuale dirigente dello stabilimento, Luigi Caporosso e Giorgio Zappa (già direttore generale di Finmeccanica), Giorgio Benvenuto, Giambattista Spallanzani, Giovanni Gambardella, Sergio Noce e Mario Lupo, sono ritenuti responsabili, secondo le motivazioni del Gup, perché,: “omettevano nell’esercizio ovvero nella direzione dell’impresa, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, di adottare cautele che secondo l’esperienza e la tecnica sarebbero state necessarie a tutelare l’integrita’ fisica dei prestatori di lavoro, in particolare impianti di aspirazione nonche’ sistemi di abbattimenti delle polveri-fibre contenenti amianto idonei a salvaguardare l’ambiente di lavoro dall’aggressione del suddetto materiale cancerogeno, nonche’ omettevano di far eseguire in luoghi separati le lavorazioni afferenti al rischio di inalazione delle polveri-fibre di amianto, unitamente ad altre adeguate misure di prevenzione ambientali e personali atte a ridurre la concentrazione e la diffusione delle polveri-fibre di amianto generatesi durante le lavorazioni a tutela dei lavoratori dipendenti dello stabilimento Ilva ripetutamente esposti ad amianto durante lo svolgimento di attivita’ lavorative”.
Accuse gravissime , come si evince, che gettano oggi una sinistra luce sulle condizioni degli ambienti in cui i lavoratori sono costretti ad operare, ed invitano a serie riflessioni sul momento storico che stiamo vivendo, laddove all’abbassamento della soglia dei diritti dei lavoratori, si aggiunge la loro scarsa, se non inesistente, prevenzione dagli infortuni e dalle malattie professionali, all’insegna del famoso tragico assunto “bisogna tagliare”, (come le esperienze della Thissen krupp di Torino, e gli stessi casi Eternit da Casale Monferrato a Bari stanno a dimostrare). E peggio è che chi è stato vittima di questi crimini, il più delle volte, non possa raccontarlo….