Di Ettore Ranalletta
L’elenco si allunga ogni giorno che passa, si parla di morti! Sono più di quaranta dall’inizio dell’anno, sono imprenditori, lavoratori, disoccupati, padri di famiglia; non sono morti in guerra, o “missione di pace” come la chiamano adesso, ma si sono tolti la vita perché qualcuno ha rubato loro il futuro, e pure il presente. Alla base di questo sterminio c’è un parametro che accomuna tutte queste persone: il disagio economico, il buio che improvvisamente è calato sul loro futuro, la consapevolezza che qualcuno ha rubato il frutto della loro vita di sacrifici. “Si spara dopo aver ricevuto la cartella di Equitalia…”, oppure “Si impicca per un debito di 7mila euro verso il fisco…”. E’ questo il drammatico tenore dei titoli dei giornali che, però, riportano questo tipo di notizie come fossero dei semplici riempitivi. Persino i TG nazionali liquidano la cosa relegandola come notizia spicciola a ridosso dei titoli di coda. La cima, o meglio, il fondo, lo tocca colui che chiamano “Presidente del Consiglio”: “I morti per la crisi in Italia sono poca cosa rispetto ai 1200 suicidi avvenuti in Grecia…” – dichiara questo automa contabile di stato nel tentativo di sminuire i drammatici sviluppi di questa crisi programmata a tavolino. Il perverso meccanismo del signoraggio bancario operato dalla BCE, unito a molti anni di sprechi delle risorse nazionali, ha reso nullo il valore del lavoro e del risparmio. Chi ha sempre lavorato con lo stesso ritmo e con la stessa produttività, si è visto inspiegabilmente aumentare il proprio debito verso lo stato. Tutto è stato orchestrato in modo da costringere al debito anche chi aveva i conti a posto. Multe, aumenti di tasse, ricarichi fuori controllo su piccoli debiti iniziali, dei quali il malcapitato poteva essere magari ignaro, hanno costruito un debito dal quale è impossibile sottrarsi. Quasi tutti noi assistiamo all’implacabile crollo di quella parvenza di stabilità che ci siamo costruti a prezzo di una vita di lavoro e di sacrifici. Perdere il lavoro a 50 anni, vedersi pignorare la casa per un debito di pochi euro gonfiato ad arte per giustificare l’ipoteca e la vendita all’asta della propria abitazione, non possono che istigare il suicidio in chi ha speso tutto per guadagnarsi una vita decorosa, per se e per la propria famiglia, e che si rende conto di non avere più il tempo per recuperare. “E’ sintomo di debolezza!”, sentenzia qualcuno che, evidentemente, non si è mai ritrovato in età matura senza lavoro, senza prospettive e perseguitato dagli aguzzini di stato per un debito che non si è mai sognato di contrarre. Si può definire “debolezza” la disperazione di una pensionata al minimo che si vede decurtare di un terzo la sua misera pensione e si getta dalla finestra? Oppure è una “debolezza” quella dell’imprenditore che si è tolto la vita per la vergogna di non poter più pagare lo stipendio ai suoi due figli tanto da essere stato costretto a licenziarli? Una vera e propria strage di stato che non accenna a diminuire. Ma morire non estingue il debito, la cartella viene inesorabilmente presentata ai familiari superstiti che, se non possono pagare, vedranno accumularsi interessi su interessi. Allo stato bancario ciò non riguarda, l’importante è che qualcuno paghi. La cosa raccapricciante è che questa crisi economica (ma anche politica, sociale e di valori) non è spontanea, dovuta a calamità naturali o a cambiamenti climatici globali, ma è voluta, programmata, indotta. Ma si, cosa volete che sia; in fondo, due morti al giorno sono statisticamente irrilevanti. E’ vero, malattie, incidenti, omicidi mietono molte più vittime. Ma anche un solo suicidio per ragioni legate alla ruberia di stato non è giustificabile. Un solo morto a causa di interessi economici delle “politikbank” vale quanto i 1200 morti per gli stessi motivi in Grecia. Nessun servizio, nessuna inchiesta approfondita, nessuna pietà è mostrata dalle TV di regime. Molto meglio occuparsi dello scudetto alla Juventus e del gioco dei “pacchi”. La gente non deve pensare, deve pagare e basta. Se non può pagare, beh… può anche suicidarsi, tanto per gli strozzini di stato è inutile che viva.
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