Di Anna Marinelli
Gli albanesi vennero in Italia a più riprese: la prima volta si stabilirono in Calabria e in Sicilia, tramite legioni di soldati chiamati da Re Alfonso 1° d’Aragona, per domare la rivolta dei baroni calabro-siciliani. Finita la rivolta, molti soldati restarono in quelle terre, abitandole, popolandole e trasmettendo la loro cultura, le tradizioni, gli usi e i costumi di cui si trovano tracce e vestigia ancora oggi, specie in Catanzaro e a Taormina, dove esiste ancora un vero e proprio quartiere degli albanesi. La prima grande ondata degli albanesi nel nostro territorio, si ebbe quando, Giorgio Castriota Scanderbeg, alla fine del XV secolo, ottenne, da Re Ferdinando I° d’Aragona, di insediarsi con la sua gente, sui casali distrutti del Principe di Taranto, Giovanni Orsini. Le tracce che testimoniano la presenza di popoli albanesi nell’area ionico-salentina, sono abbastanza rilevanti e formano quell’area, detta Arberia tarantina. Se ne trovano, in maggior numero, nella vicina San Marzano di San Giuseppe, i cui abitanti conoscono e parlano ancora la lingua albanese detta Arbëreshë, che deriva da Arbër, come si chiamava l’Albania al tempo di Scanderbeg, ma ve ne sono anche in Carosino, San Marzano, Roccaforzata, Faggiano, Montemesola, Monteparano e San Giorgio Ionico. Questi paesi, pertanto furono ripopolati dagli Albanesi sia perché dovevano sfuggire dalle invasioni Turche, ma anche per seguire il valoroso condottiero Giorgio Castriota Scanderberg. Fragagnano manifestò incompatibilità con gli abitanti indigeni e gli albanesi furono mandati altrove: infatti, Monteparano nascerà proprio dalla fuoriuscita di cinque famiglie albanesi dimoranti nel feudo di Fragagnano. Faggiano, come San Marzano, hanno conservato molte usanze albanesi (abito, acconciatura, danze, banchetto nuziale) fino ai primi anni del ´900. In Faggiano si trovano le vestigia della Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli situata in Via per San Crispieri, e in San Marzano c’è il Palazzo Casalini, dimora del primo albanese, un certo Demetrio Capuzzimati, ed alcuni discendenti di Giorgio Castriota Scanderberg. Inoltre, nel centro storico di questo comune tarantino, sono visibili ben due comignoli d’architettura albanese. A San Giorgio Ionico, sono presenti due tracce molto importanti che testimoniano la presenza degli albanesi: la Cappella “Madonna della Croce”, d’antichissime origini, dove si praticava il culto greco-ortodosso delle popolazioni albanesi e un unico e prezioso comignolo che si può ammirare in Via Cesare Battisti, nei pressi del Castello D’Ayala Valva, vetusto testimone del passaggio degli albanesi nel nostro paese. Un altro comignolo è presente nel centro storico di Carosino, mentre Monteiasi non conserva tracce di questa cultura, se non in alcuni cognomi tipici albanesi. Giorni fa ho avuto la gioia di accompagnare i bambini della scuola in un percorso da me tracciato sui reperti importanti presenti nel nostro paese, includendo anche l’antico comignolo albanese. I bambini lo hanno ammirato interessati sommergendo le insegnanti di curiose domande, scaturite dalla vivace intelligenza delle future generazioni, affamate di conoscenza del nuovo ma anche di ciò che oggi rappresentano le tracce indelebili di una pagina della Storia che è peccato non conoscere ed apprezzare.