Di Valentino Privitera
Appartenente al borgo fortificato di Acaya, di cui occupa l’angolo sud-orientale, venne costruito nel 1506 per volere di Alfonso Acaya, feudatario del luogo. Intorno al 1535 avvenne la costruzione della cinta muraria, dei bastioni e del fossato ad opera del figlio di Alfonso, Gian Giacomo. Presenta una pianta trapezoidale con due torrioni circolari a nord-est e a sud-ovest, un bastione a punta di lancia nell’angolo sud-est; infine l’ultimo angolo (nord-ovest) si congiunge con la cinta muraria. L’ingresso al castello si apre a nord-est e un unico ponte lo collega alla terraferma. Nelle mura, nei bastioni e nelle torri del castello si aprono cannoniere e feritoie che avevano il compito di garantire agli occupanti il perfetto controllo di quanto avveniva all’esterno della fortificazione. Il castello, nella concezione rinascimentale, aveva sia scopi militari che residenziali; era la residenza del feudatario del luogo e, nello stesso tempo assicurava protezione agli stessi luoghi che facevano capo a lui. Il piano nobile del castello presenta tante sale, destinate ad alloggi dei signori del luogo, tra loro comunicanti e collegate con l’ampio terrazzo che si affaccia sul cortile interno. Il piano non è completo, in quanto l’intera ala est fu letteralmente smontata ed il materiale recuperato rivenduto ed usato per la costruzione di una masseria nei dintorni di Acaya. L’opera di smantellamento fu eseguita agli inizi del 1700 dalla famiglia Vernazza, proprietaria in quell’epoca del feudo. L’ambiente più caratteristico di tutto il piano nobile del castello è senza dubbio la sala ennagona che occupa il bastione di nord est. Essa si presenta decorata con bassorilievi e sulla porta d’ingresso due visi accolgono i visitatori: sarebbero stati attribuiti dagli esperti ad Alfonso dell’Acaya e Maria Francone (discendente dai signori di San Donato), genitori di Gian Giacomo, progettista del castello così come lo vediamo oggi. Sono anche gli unici fregi rimasti ad ornamento del castello, visto che tutti quelli che adornavano le pareti delle altre stanze del castello sono state accuratamente smontate nel corso dei secoli. La cittadella di Acaya é dotata di un sistema viario rigorosamente geometrico del tipo detto ‘ad insula’, concepito da Gian Giacomo e composto da sette strade rettilinee che si intersecano le une con le altre; sono orientate da nord verso sud e le stesse si incrociano con altre tre poste da est verso ovest. La sicurezza del borgo unito all’operosità della popolazione nelle attività agricole e pastorali, fecero raggiungere alla cittadella, intorno alla metà del XVI secolo, il suo massimo fulgore economico e di densità di popolazione. Con la morte di Gian Giacomo Dell’Acaya (1570) e la definitiva vendita del medesimo feudo, per il borgo di Acaya, assorbito dal fisco regio, cominciò il periodo di irreversibile decadenza. Nel 1608 Alessandro de Montibus si incaricò di ulteriori ristrutturazioni, ma il castello non subì sostanziali trasformazioni fino al 1714, quando fu assalito dai Turchi. Dopo un lungo periodo di abbandono e di degrado, il borgo e il suo castello
attraverso una intensa attività di recupero e rilancio avviata dall’Amministrazione Comunale di Vernole e dall’Amministrazione Provinciale di Lecce, sono tornati a nuova vita tanto da ospitare -nel 2008- il primo forum internazionale per la pace nel Mediterraneo, organismo dell’UNESCO