Di Eleonora Arnesano
Storie di altri popoli, tradizioni, codici, che vanno a formare modelli comportamentali dei componenti di una società, sebbene e indipendentemente dalle latitudini, la centralità dell’animo umano, capace di inenarrabili nefandezze come di meravigliosi riscatti, sia ineluttabile realtà. Ismete Selmanaj, scrittrice albanese, italiana d’adozione perché stabilmente residente in sicilia da oltre vent’ anni, pubblica per i tipi dell’editore ennese Bonfirrao Editore “I bambini non hanno mai colpe”, che segue la prima opera in lingua italiana “Verginità Rapite” edita per il medesimo editore. Un’opera letteraria forte per la tematica affrontata, sebbene mediata dalla scrittura asciutta e godibile dell’autrice, laddove violenza e pedofilia costituiscono il substrato tragico sul quale vorticano le esistenze di due giovani fratelli albanesi, desiderosi di buttarsi alle spalle un passato inconfessabile tra tragedie e violenze subite, che riaffiora come mosse da forza ineluttabile. La scrittrice analizza la società albanese uscita dalla dittatura comunista, il cui metodo repressivo aveva domato e uniformato la vita delle persone, lasciando comunque all’interno del microcosmo familiare dissidi e conflitti mai risolti, ma che all’indomani della libertà conquistata affiorano come fantasmi dal passato, è il caso del Kanun, un antico codice comportamentale, retaggio del medioevo, che propugna la regola della vendetta per chi abbia subito un torto. E’ cosi che si dipana la storia dei due fratelli testimoni della morte del padre, tormentati dalle richieste di vendetta del nonno, che cercano di sottrarsi al proprio destino cambiando città, con i fantasmi del passato alle calcagna, in un turbine di storia che passano da un omicidio fino alle aberrazioni degli adescamenti on line di personaggi dediti alla pedofilia. Insomma un romanzo dalla tragicissima attualità. Abbiamo contattato Isemte Selmanaj che ha gentilmente risposto ad alcune domande;
Buongiorno signora Selmanaj, può raccontare la sua storia ai nostri lettori?
Buon giorno a tutti i lettori e grazie dell’opportunità datami di raccontare non solo la storia dei miei libri ma anche di parlare un po’ di me. Sono nata a Durazzo, Albania ed è lì che sin da bambina ho coltivato la passione per la letteratura e pensavo di continuare anche negli studi. In Albania in quegli anni della dittatura di Hoxha non potevamo scegliere ciò che avremmo desiderato studiare bensì lo Stato. Così nel 1991 mi sono laureata all’Università di Tirana presso la Facoltà di Ingegneria Edile. Nel ’92 sono arrivata in Italia, in Sicilia dove risiedo tutt’ora. Nel 2013 ho scritto in lingua albanese il romanzo “Gjembi dhe trendafilat” pubblicato dalla casa editrice Dudaj che partecipò alla Fiera del Libro ”Tirana 2013”. Un anno dopo, dalla stessa casa editrice, ho pubblicato un altro romanzo ”Kokat e dy lejlekeve te purpurt” che fu il terzo libro più venduto alla Fiera del Libro “Tirana 2014”. Sono rimasta sorpresa dal grande interesse dei lettori in Albania. Nell’ aprile 2015 esce in Italia il mio primo libro in lingua italiana “Verginità Rapite” edito da Bonfirraro Editore che è stato adottato come testo dall’Università. Nell’Aprile di quest’anno la stessa casa editrice pubblica il mio ultimo libro “ I bambini non hanno mai colpe”. Anche questo libro per la tematica che tratta, è stato inserito come il primo, all’Università di Palermo dove sono stata in un incontro con gli studenti.
Due opere in lingua italiana, sullo sfondo tematiche dolorose come violenza sulle donne e sui minori, tragica attualità se pensiamo al recentissimo caso di Fortuna, la bimba napoletana, violentata e scaraventata dal balcone, una lotta del bene contro il male, da cui i protagonisti delle sue storie sembrano venir fuori, che messaggio vuole trarne?
Il primo libro, “Verginità Rapite” era in un certo senso la risposta a tante domande fatte dai miei amici in Italia, ma anche dai giovani albanesi, dai miei stessi figli che non riuscivano a capire com’era vivere sotto il regime comunista in Albania. Facevano fatica a capire ciò che raccontavo. Ma allo stesso tempo era anche il mio modestissimo contributo alle vittime del comunismo, uomini, donne, bambini costretti a subire ingiustizie inimmaginabili. Anche se al centro del libro c’è una violenza inaudita di una ragazzina di quindici anni, la storia che narro racconta di una violenza totale e perpetua ai danni di un popolo per quasi mezzo secolo da parte di uno dei regimi più totalitari al mondo. Anche il titolo in plurale “rapite” vuole sottolineare proprio questo messaggio. Il libro “I bambini non hanno mai colpe” è una forte denuncia di quello che successe nell’Albania post comunista, dal 1991 ad oggi, com’è cambiato la società, la mentalità, come sono crollati come castelli di sabbia i tabù secolari che neanche il regime totalitario di Hoxha, riuscì a farli crollare totalmente…almeno nella mente della gente e sopratutto al Nord dell’Albania. Parlo, anzi grido a squarciagola della degenerazione del Kanun, un codice consuetudinario degli albanesi.
Grazie a “I bambini non hanno mai colpe”, i lettori italiani fanno conoscenza del Kanun, se ne può parlare?
Con la storia del libro “I bambini non hanno mai colpe” non ho cercato di spiegare il Kanun anche perché non mi sento all’ altezza. Questo compito spetta agli studiosi. Ho cercato solo di mettere il dito su una piaga sociale che sembra dilagarsi ogni giorno di più. La reclusione di bambini dentro alle mura di casa per non essere uccisi! Ci sono bambini già nati in debito di sangue, che non hanno mai visto il mondo fuori dal portone di casa. Ci sono donne che impugnano il fucile e che nel nome del Kanun, uccidono a sangue freddo uomini e ragazzini di 14 e 15 anni. Ci sono persone che scappano dall’Albania perché sono in debito di sangue. Nei giorni nostri la gente usa il Kanun per le vendette personali; occhio per occhio – dente per dente. Tu uccidi oggi per essere ucciso domani.
Il kanun per certi versi ha delle similitudini col nostro “delitto d’onore”, previsto in generale per gli adulteri, abolito nel 1981, che prevedeva sanzioni più lievi per coloro che se ne macchiassero, le sue impressioni?
Attualmente in Albania le autorità come contrastano il fenomeno? Erroneamente, ho notato che si fa un paragone della faida con il Kanun. Ci sono differenze sostanziali tra i due fenomeni. La faida è una vendetta dove non c’è il rispetto per la persona uccisa e i suoi familiari e ha funzionato parallelamente con le leggi dello Stato. In Albania il Kanun era “in vigore” quando non esisteva uno Stato con le sue leggi. E poi, il Kanun è molto complesso e diverso e con regole ben precise su questo specifico punto. Secondo il Kanun, la famiglia con la quale si è in debito di sangue va rispettata anche dopo aver eliminato uno dei maschi di essa; mai si uccide alle spalle e con un solo proiettile. La persona che uccide chiede il permesso ai familiari di partecipare ai funerali rispettando il loro dolore. Permesso sempre accordato. Come ho detto prima, lasciamo ai studiosi la spiegazione del Kanun. “I bambini non hanno mai colpe” e “Verginità Rapite” hanno entrambi la chiarificante prefazione del professor Matteo Mandalà, studioso di “Lingua e Cultura Albanese” presso l’Università degli Studi di Palermo, la cui premessa fornisce già al lettore una possibile chiave interpretativa per la lettura dei romanzi. I lettori troveranno molte inesattezze della interpretazione del Kanun nei giorni nostri in Albania perché questa è la verità sconcertante di tante famiglie soprattutto al nord dell’Albania. Io sono positiva e credo che la possibilità di cambiare c’è. Lo racconto tramite Andi, un investigatore molto in gamba che riesce a risolvere un giallo difficilissimo. In Albania, da anni si è creata “La Casa Della Giustizia e Della Riconciliazione Nazionale” che sta facendo un gran lavoro come intermedio tra le famiglie in debito di sangue riuscendo in molti casi ad arrivare al perdono.La storia che narro in questo libro parla di persone e personaggi che hanno visto al di fuori dal Kanun e delle sue leggi barbari. Questi eroi hanno preso dal Kanun la parte buona di esso, la Besa, l’ospitalità, il perdono. Il resto l’hanno lasciato a parte, come una curiosità del Medioevo. Il messaggio che lancio con questo libro è di affrontarsi con la legge e non giustizia sommaria perché lo Stato c’è!
Il romanzo è appena uscito, ovviamente necessita di attenzioni amorevoli, sta già pensando al prossimo?
Ho già in cantiere un altro libro ma non racconto mai di che si tratta prima di finire… E poi il mio primo lettore in assoluto è mio marito. Posso solo dire che sto scrivendo in prima persona.