(eleborazione grafica Carmelo Colelli)
di Enzo Carrozzini
Il 71 ° anniversario della Liberazione dal nazi fascismo segna l’inizio di un periodo importante.Infatti, è quasi certo sarà che queste ricorrenze civili saranno le ultime a celebrarsi sotto le insegne della Prima Repubblica (né seconda, né terza, con buona pace delle semplificazioni politico-mediatiche), in vista del Referendum confermativo di Ottobre prossimo del progetto di Riforma Costituzionale approvato dal Parlamento . Il tempo che passa inesorabile, purtroppo, consegna alla memoria il ricordo di quei protagonisti che diedero avvio alla Resistenza all’indomani dell’8 Settembre 1943 , all’orgoglioso riscatto del popolo contro l’occupazione nazista col colpevole consenso della dittatura fascista, da cui è nato l’attuale regime democratico, segnando il livello più alto che la classe dirigente del nostro Paese abbia raggiunto. E da allora la costruzione Istituzionale del Paese viaggiò di pari passo con la sua crescita economica e sociale, fino al ripiegamento degli ultimi trenta anni, laddove ormai l’insofferenza che i cittadini nutrono nei confronti di certa classe dirigente, rinnovata anagraficamente quanto si vuole ma pervasa dalla perniciosa attitudine al tornaconto “particulare”, finisce per travolgere anche quei presidi Istituzionali che i nostri predecessori 70 fa hanno dolorosamente conquistato e fattoci dono. E allora si percepisce ancora più forte la tensione emotiva di questa ricorrenza, Aprile è il mese della Libertà conquistata, e non potrà mai barattarsi con interpretazioni semplicistiche e mediatiche tendenti a diminuire l’esercizio della democrazia da parte di un popolo. “Ora e Sempre Resistenza”, il motto che ci ha tramandato Piero Calamandrei, uno dei Padri della Repubblica, non è il mero slogan da corteo, bensì l’esercizio quotidiano che ogni connazionale dovrebbe realizzare praticamente per il suo bene e quello della comunità, come ad esempio l’esercizio del voto. L’occasione ci è data proprio dal prossimo Referendum Costituzionale, informazione e scelte consapevoli segneranno la differenza.
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
Antonio Gramsci 11 febbraio 1917