Di Arbër Agalliu
OTRANTO, 28 Marzo 1997, sono le 18.45 e la nave Katër i Radës viaggia in mare da circa 2 ore.
I 142 citadini albanesi a bordo intravedono le luci della Sibilla, corvetta della marina italiana.
Sono felici, cantano, saltellano, urlano di gioia sperando in qualche mano tesa che li porti in salvo sulle coste italinae.
Invece no, non è così.
Da quella grande nave si sentono ordini ben precisi “ritornate indietro”, non si ferma.
E’ alta, altissima, date le dimensioni dovrebbe stare almeno a 100 metri di distanza, invece è sopra di loro e fa più paura del mare forza 5 che avevano affrontato durante la traversata del canale d’Otranto.
Qualcuno grida al comandante Namik: Sterza a sinistra, a sinistra. Ci vengono addosso, allarga a sinistra!
Alle 19.03 il Katër i Radës andò giù a picco, in fondo al mare, portando con sé 81 persone, 31 delle quali non avevano compiuto ancora 16 anni.