Di Anna Marinelli
Negli ultimi giorni ho avuto la fortuna di leggere un libro di poesie dell’autore Pino Cacozza, dono gradito dell’amico Davide Ndoj, dal titolo “ Le radici dell’Arberia.
Grazie alla traduzione in italiano a fronte dei suoi testi, ho potuto gustare appieno una narrazione lirica di sentimenti allo stato puro, dove non interviene la contaminazione della modernità a tutti i costi. Liriche come graffiti, come affreschi di straordinaria bellezza ed efficacia illustranti spaccati di Vita.
“..la Madre albanese piange e urla a voce alta, chè ha bisogno, vuole aiuto, non parole e pietà”
E ancora si fa cronista di una Storia amara quando nella lirica “O Morea” afferma e denuncia; “… quanti
giovani s’allontanano ridendo dal paese e tornano piangendo dopo anni perduti e calpestano la lingua della madre e parlano con i segni della tecnologia…”
Permeata da un romanticismo misto ad una inguaribile nostalgia per il passato che non ritorna più, anche se retaggio di povertà e miseria, il Poeta rifugge gli strumenti della tecnologia che creano fratture tra i “vecchi” e le nuove generazioni, le quali, spinte fuori dai loro focolari familiari, si spingono oltre frontiera alla ricerca di un benessere che, purtroppo per molti, resta soltanto una amara utopia.
Veemente si leva la voce del poeta quando dice: “…prendiamoci per mano, siamo una cultura che non può morire, siamo sorelle e fratelli, siamo l’orsa che aspetta la primavera per svegliarsi…”.
E ancora esorta la sua gente con la forza di un Vate…
” Cantiamo, cantiamo, che il pianto va bene solo ai padroni…”.
Di respiro universale la poesia di Pino Cacozza, poeta di terra Arbereshe, si slarga generando cerchi concentrici arrivando a lambire quelle terre “ dove lo Jonio porta fortuna e la vita ti matura; Terra mia, Puglia o Basilicata; Sicilia, Molise o Calabria, o tutta Italia…” il poeta si sente ed è cittadino universale, e si fa megafono e manifesto murales, tromba apocalittica che scuote le coscienze intorpidite di coloro i quali, senza rimorso, vedono scorrere fiumi di vite umane su barconi traballanti, insicuri, fatiscenti; senza curarsi di queste anime in Esodo, anime che aspirano solo alla Pace e alla Libertà.
Belle, belle, belle queste poesie; leggendole mi sono pervenute sollecitazioni visive e olfattive, mi sono pervenute voci ed immagini della cara terra di Albania, rimandi emozionali che me l’hanno fatta subito amare, con la complicità di uno dei suoi figli più illustri, il Poeta Pino Cacozza.
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