Con una poesia parlata, priva di arzigogoli linguistici, immediata e franca, Michele Giorgio ci dice, nella silloge “Non mi sconfiggerà la morte”, curata da un maestro d’eccezione, Daniele Giancane, che l’amore vince la morte e dà senso al nostro passaggio terreno.
Quella di Giorgio è una poesia dal tono paterno che guarda con angoscia alle guerre, al disamore, alle distruzioni seminati dall’uomo (come le stragi di Kabul, Nassiriya, Gaza…); cerca vanamente “la ragione” del perchè “l’umanità geme/sotto il peso del dolore”.
Può l’istinto, l’interesse, l’egoismo far perdere il senso delle cose? È la domanda retorica che il poeta rivolge retoricamente prima a se stesso, poi a tutto il consorzio umano.
I sentimenti cristallizzati nella silloge si muovono su un doppio binario. Sul primo viaggia il sentimento filantropico, quello di utilizzare l’esistenza donandosi all’altro con gioia e positività e trovare in questo esercizio il gusto e il senso della vita: “Godi la gioia/di vedere nell’altro/la creatura da amare”. Nel poeta pugliese non c’è spazio per l’Io, ma solo per il Noi: “Non lasciatemi da solo/a progettare utopie”.
E Giorgio non si lascia irretire dal mancato feedback dopo aver teso la mano al prossimo; e invita, senza perdersi d’animo, di amare il creato così come ci è stato consegnato in comodato d’uso.
Sul secondo binario viaggia il sentimento di certezza nel disegno Provvidenziale. E non che il poeta sia approdato nelle acque tranquille delle certezze, perché egli cerca da viandante Dio e la sua infinita bontà, assetato dell’acqua che dona la Vita; è consapevole di essere un uomo, quindi finito: “Mi pesa di essere/ creatura umana/ debole e fragile”; sicchè continua a cercare, con la speranza tutta umana di trovare un segno, quasi per avere un riscontro che la rotta seguita non sia un miraggio (o una costruzione della volontà): “aiutami ad aggrapparmi/alle tue salde certezze […] ammettimi a frequentare/la scuola della tua sapienza”.
Naturalmente è la fede che dona, nonostante manchino i riscontri oggettivi, la speranza, grazie all’accettazione della dimensione Provvidenziale: la fede origina la speranza che contiene anche la fiducia nello scorrere del tempo umano: “Non puoi/ fermare il passo/ alla speranza/ che ti chiede compagnia/ nel tuo cammino”.
Una raccolta poetica che pianta uno spiraglio di luce per gli uomini persi nel buio dell’indistinzione della globalizzazione e ribadisce che senza tensione ontologica nessuna tragedia può essere evitata, come ricorda Giancane nella presentazione.
Cosimo Rodia
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