Di Eleonora Arnesano
Floriana Uva, attrice versatile dalla cifra stilistica sopraffina, talento e appassionata attenzione per il lavoro, arricchito dall’attitudine alla regia, sul percorso di una splendida maturità ventennale. Incontriamo l’ attrice barese reduce dal successo ottenuto allo Stadio di Domiziano in Roma, per la presentazione dello spettacolo “L’IDENTITÀ SMARRITA” (Alzheimer), da lei ideato, diretto e interpretato.
Signora Uva vuole narrarci come è nata la sua passione per l’arte teatrale.
E’ iniziato tutto dall’amore per la lettura che è sbocciato fin dall’età di tre anni: leggevo di tutto; i classici, in età adolescenziale. Poi, casualmente, l’incontro con il teatro: assistetti ad un monologo su Vincent Van Gogh, “I Colori dell’Anima” di e con Lino De Venuto, amico di famiglia. Ne rimasi affascinata. Dai classici della letteratura al teatro classico, il passo è breve. Ho incominciato, casualmente, in una compagnia amatoriale, poi ho seguito stages e laboratori, continuando sempre il percorso in ambito amatoriale. Poi, la svolta: feci un provino con la regista Elvira Maizzani, titolare della compagnia teatrale La DifferAnce. Le piacqui. Nel 1999 divenni attrice professionista.
Chi sono le persone che hanno giocato un ruolo determinante nella sua formazione?
Il ruolo primario nella mia formazione lo ha avuto Elvira Maizzani con il suo modo di preparare gli attori con stages e prove infinite, nelle quali esigeva il massimo rigore. Una vera “palestra”. E’ stato molto importante, perchè mi sono confrontata subito con veri attori professionisti, i quali non si sono risparmiati nell’aiutarmi. Li ringrazio tutti. Successivamente, sono migrata con alcuni colleghi in altre compagnie. Ma la persona che ho affiancato durante tutto il mio percorso, che mi ha insegnato tantissimo e che ringrazierò sempre è stato l’attore e regista Lino De Venuto. Insieme, abbiamo lavorato per circa quindici anni.
Ogni attore brilla per la sua individualità umana e interpretativa, ma esiste per lei un modello di attrice cui ispirarsi?
Credo che ciascuno debba cercare la cifra stilistica che gli appartiene. Un attore dovrebbe vivere principalmente di emozioni, oltre che di tecnica e forma. L’attore, interpretando un personaggio, dovrebbe provarne le emozioni per poterle comunicarle al pubblico; se ciò avviene, palco e platea diventano un’unica energia emozionale. E’ la magia del teatro. Quindi, tornando alla sua domanda, piuttosto che ispirarmi ad un modello, ho scelto di fare una ricerca su me stessa, sulla mia autenticità e singolarità, altrimenti sarei stata soltanto una copia, sbiadita, di un originale.
Eduardo De Filippo sosteneva: „Se un’idea non ha significato e utilità sociale non m’interessa lavorarci sopra.“ Nel corso della sua carriera non è mai mancata l’attenzione per il valore educativo e sociale che l’arte teatrale può donare alla crescita della società. Che dire di questa attitudine?
Mi considero una privilegiata perché posso permettermi di scegliere in quale ambito lavorare. Da quando ho scelto di collaborare occasionalmente con le compagnie teatrali, riesco a dedicare gran parte del mio tempo al teatro inteso come forma di attenzione al sociale. Credo molto nel valore del volontariato, oggi risorsa preziosissima. Dunque, sono sempre pronta ad offrire il mio contributo per quelle che sono le mie competenze. I miei spettacoli e le letture sceniche hanno l’obiettivo di informare e sensibilizzare il pubblico alle problematiche sociali. L’impatto visivo ed emozionale che restituisce il teatro è di gran lunga superiore rispetto alla notizia letta sul quotidiano o ascoltata al telegiornale. Sarebbe, dunque, auspicabile avvicinare i giovani a questo genere di teatro, anche fatto a scuola. Tuttavia, per concludere, non disdegno certamente alcune incursioni in altri settori, come quello filosofico, storico, classico, mitologico e, riferendomi a Eduardo De Filippo, della tradizione napoletana.
Ci narri dell’ultimo lavoro presentato a Roma…
Nell’ambito di sei serate organizzate da Dialuma events, aventi come tema “L’Identità”, ho portato a Roma un progetto che avevo molto a cuore: una performance teatrale, “L’IDENTITA’ SMARRITA”,che affronta il tema dell’Alzheimer. Avrà notato che preferisco definirla “performance teatrale” anzichè spettacolo perché, secondo me, non si può spettacolarizzare una malattia; dunque ho utilizzato il canale teatrale per “informare” e sensibilizzare. E’ accaduto anche a me: non sapevo cosa fosse l’Alzheimer. Se ne parla tanto ma… Sappiamo esattamente cos’è? Ebbene, io oggi ho capito l’importanza di riconoscere i primi segnali della malattia e successivamente, con l’aiuto delle Associazioni Alzheimer, la consapevolezza che si possano aiutare sia i pazienti che i parenti più prossimi al malato ad approcciarsi correttamente alla malattia e al proprio caro, imparando a gestire una situazione che diventa sempre più difficile, faticosa e straziante. Il pubblico ha risposto con partecipata attenzione, lasciandosi coinvolgere emozionalmente. Al progetto L’Identità smarrita hanno collaborato il bravo compositore fiorentino Lorenzo Pescini con le sue musiche coinvolgenti ed avvolgenti e l’attore Angelo Michele Di Donna che ha letto e registrato la testimonianza di un malato di Alzheimer.Nel pubblico, ho avuto l’onore della presenza dell’Ambasciatore del Cile Fernando Ayala. Questa performance è disponibile a chiunque voglia farne richiesta.
Progetti in corso d’opera e futuri. Che cosa bolle in pentola?
I progetti sono tanti e in varie direzioni! Mi piace guardare sempre al futuro perchè sento di poter dare ancora molto. Ma non svelerò nulla… Sappiate, tuttavia, che bolle molto in pentola!
(Reportage Fot. : Alessandro Uva)