di Elena Manigrasso
È di ultima pubblicazione il romanzo “Fiore di taffetà” dell’autore carosinese Arcangelo Conzo, edizioni Eurografica 2015.
Bello l’attacco: “Mi svegliai quella mattina di Ottobre, era Domenica e l’avevo sognata”. Inizia così la storia di un sogno che si insinua nella realtà, o la realtà che si insinua nel sogno, gioco di specchi tanto caro al teatro di Pirandello. Il sogno è solo nostro, dice l’io narrante, l’appuntamento notturno nel quale gli altri non hanno accesso. Il nostro mondo. Quello di Riccardo è un adulterio che si consuma tra immaginazione e vita reale: si è invaghito di una donna, Virginia, mamma dell’amica di sua figlia Carlotta. L’unica vera donna in carne e ossa del romanzo è Matilde, più carne che ossa, secondo la descrizione che ne fa il marito Riccardo.
Il protagonista ha in odio la sua vita normale, abitudinaria, fatta di poltrone e pantofole; reagisce alla routine facendo della figura di una donna la sua ossessione: la donna col fiore di stoffa tra i capelli scandisce le sue giornate, e le sue notti insonni. A metà racconto anche lei cade ai corteggiamenti di Riccardo; i primi incontri sono platonici, spesso con la stessa presenza di Matilde. Iniziano i sensi di colpa del protagonista anche solo per un corteggiamento fatto di sguardi, le sue confessioni di fronte allo specchio con spazzolino e dentifricio in mano sembrano creare un personaggio strano: un guerriero disarcionato, un don Chisciotte che lotta contro se stesso.
Nel racconto entrano e escono immagini di prostitute, come se il protagonista e l’io narrante volessero indagare di più su questo mondo. Alla fine la stessa Virginia si rivelerà donna non virginea ma “in vendita”.
Un po’ misogino questo aspetto nel romanzo, con la figura della donna vista come santa e come strega. Nel Medioevo avrebbe fatto la fine dei gatti neri. Bruciata o gettata in acqua bollente.
Nel giorno del suo compleanno Virginia si sarebbe fatta un regalo, a modo suo. Il regalo sarebbe stato scartato nella stanza numero 15, con Riccardo. È qui che la donna confessa di essere stata una squillo e a questo punto il cerchio di un romanzo, ormai all’epilogo, si sta per chiudere come si era aperto: con le ossessioni tutte maschili che vedono la donna come essere dedita solo al piacere. Involucro, dice l’io narrante, di un pacco ormai scaduto.
Un libro interessante per il gioco di specchi all’interno della trama, ma la figura della donna ne esce assottigliata, accartocciata su un immaginario collettivo difficile da scalfire. A voi, cari lettori, ulteriori commenti.
Giornale Armonia Registrato al Tribunale di Taranto numero 638 del 23/11/2004
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