di Enzo Carrozzini
Si rivela interessante ed evocativo il corto “Se l’anima è avvelenata” scritto diretto ed interpretato da Antonio Paoletti, un lavoro che scava nei sentimenti più deteriori governanti l’animo umano. La rievocazione plautiana dell “ Homo homini lupus” permea tutta la storia ambientata in Nevada nel 1866. I protagonisti, due giovani mezzosangue Ata’Halne (lo stesso Paoletti) e Maza Blaska (Gabriele Rosato), reietti da un società che non li vuole, vivono di stenti nei boschi delle montagne rocciose, incontrano Silas Zane (Francesco Cameli), un altro emarginato in fuga dal suo passato. L’uomo è ferito in seguito ad uno scontro a fuoco con un cacciatore di taglie, i due sono attratti dalla personalità misteriosa dello sconosciuto fino a pagarne estreme conseguenze. Il concerto di sentimenti del l’animo umano fa si che il cattivo non sia tale tout court, anche nell’uomo più disperato e truce, alla sua maniera, albergano sentimenti che riscattano la consapevolezza di una condizione di vita vissuta, che, in questo caso si manifesta con l’uccisione del cacciatore di taglie, la vendetta come sentimento positivo, ma è l’unico, purtroppo, col quale gli antieroi possono esprimersi e misurarsi, fedele al dettato rousseauiano l’uomo non nasce be buono né cattivo…. Buona regia e giuste le musiche.
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