La terra protagonista. Per Re|Mix, un progetto della rete una.net, in collaborazione con Cgil Taranto, venerdì 11 aprile 2014, alle ore 21 al TaTÀ di Taranto, in via Grazia Deledda ai Tamburi, va in scena “Braccianti. La memoria che resta” di e con Enrico Messina e Micaela Sapienza, liberamente ispirato a “La memoria che resta. Vita quotidiana, mito e storia dei braccianti nel Tavoliere di Puglia” di Giovanni Rinaldi e Paola Sobrero, produzione Armamaxa teatro. Biglietto unico 10 euro. Info: 099.4707948 – 366.3473430.
Perché raccontare la memoria oggi? Perché la voce di braccianti di cinquant’anni fa ci parla ancora come fosse cronaca? Il lavoro della terra, i ricordi, la quotidianità dei braccianti sono una presenza costante, tracce e segni di un passato ansioso di futuro. Un passato che è presente, qui ed ora. “Noi siamo ciò che ricordiamo e ciò che dimentichiamo…”. Salvaguardare l’esperienza dell’uomo e della terra contro l’amnesia della globalizzazione, l’assenza, l’oblio, per restituire voce a tutti quegli uomini che, oggi come allora, voce non hanno: questo il compito del teatro che, così effimero, si fa carico di costruire memoria, perché lo sfruttamento del passato si ripropone oggi in altre forme.
“Braccianti” viaggia nel passato, nella fatica di quando si lavorava da “sole a sole”, fino a squarci odierni, a quei nuovi braccianti “a colori”, venuti dalla miseria di altre parti del mondo, i nuovi schiavi costretti a lavorare la terra in condizioni forse ancora peggiori di quelle dei mezzadri di 60 anni fa, prima della riforma agraria. Sono i raccoglitori stranieri e clandestini che, da nord a sud della penisola, vivono nelle campagne italiane sotto il ricatto di perdere anche quel poco che resta loro, la speranza di una vita più dignitosa.
«Nello spazio vuoto del palcoscenico poche sedie e, sul fondo, un grande velo bianco dove sono proiettate immagini che prendono vita dai gesti degli interpreti: volti, mani, stalle, strade, campi, vigne, povere stanze dove il ritratto di Giuseppe Di Vittorio, l’uomo che fece della lotta contadina il proprio credo, affianca una grande icona di Cristo. E la terra, quella terra che inghiotte e prosciuga le forze, torna nelle voci, nei racconti, nelle parole dei testimoni di allora», dalle note di produzione.
Armamaxa è parola di origine greca che vuol dire “carro”. L’Associazione trasporta i progetti teatrali dei suoi componenti che si riconoscono in un teatro necessario e umano fatto di passione, tempo e ricerca. Dal 1998 Armamaxa teatro ha fondato la propria poetica sulla ricerca del legame tra oralità, movimento, ricerca sociologica, costruendo un percorso culturale e artistico fortemente legato al presente, in cui etica ed estetica non sono separate e la cui motivazione originaria è da ricercare proprio nel dialogo tra arte e società. Così sono nati progetti e spettacoli come “Braccianti”, “Mammaliturchi”, “Orlando”, “Orecchiette”, “Principesse”, “Robin Hood”, “Racconto d’Oltremare”, “Millenovecentottantuno”, “La Diritta Via” (scritto con l’ex magistrato Giuliano Turone), e in ultimo “Croce e Fisarmonica”. Questo percorso ha portato la Compagnia nel 2008 a trovare casa a Ceglie Messapica e ad ampliare i propri orizzonti, avendo l’occasione di misurarsi con la gestione di un bene pubblico d’importanza fondamentale per la società civile: il Teatro comunale.
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