Di Enzo Carrozzini
Nello scorso Gennaio non si era ancora placata l’euforia per i festeggiamenti del nuovo anno e nel Paese incominciavano trapelare notizie, senza motivo di eccessiva preoccupazione, provenienti dalla regione cinese di Wuhan riguardante un’epidemia di polmonite che iniziava a mietere vittime. Trascorsi pochi giorni abbiamo assistito al drammatico crescendo seguito alla denuncia da parte delle autorità cinesi della diffusione esponenziale dei contagi, la dichiarazione da parte dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità della deflagrazione della pandemia del Corona Virus, il coinvolgimento del nostro Paese come primo avamposto occidentale del contagio e le drammatiche conseguenze esiziali in tutto il globo.
In questi mesi l’Italia è stata investita dallo Tsunami sanitario che ha mietuto oltre 32 mila vittime e circa 225 mila persone contagiate dal virus, con picchi verificatosi nel mese di Marzo che hanno determinato il provvedimento del cosiddetto confinamento (dall’inglese Lockdown) sociale ed economico degli italiani, col il blocco della quasi generalità delle attività economiche, al fine di fronteggiare i pericoli del contagio, nella constata assenza di rimedi farmacologici dovuta all’ignota conoscenza del virus da parte delle autorità sanitarie.
Al cospetto di un evento epidemiologico inedito e inaspettato lo Stato ha risposto con tutte le Istituzioni di cui è costituito e le nostre Forze Armate, encomiabilmente, non hanno fatto mancare il proprio contributo all’emergenza, supportando la protezione civile sin dall’inizio dell’epidemia con le proprie strutture e competenze, (basti pensare che il primo ricovero dei due turisti cinesi è avvenuto proprio presso una struttura dedicata nella città militare della Cecchignola a Roma).
Anche la Marina Militare non si è sottratta allo sforzo dell’Amministrazione dello Stato, mettendo a disposizione Know how, personale esperto e motivato nel periodo di emergenza sanitaria rispondendo in pieno ai compiti di istituto ovvero la difesa dei cittadini italiani, in questo contro l’aggressione subdola ed infida del Covid 19.
Abbiamo avuto la possibilità di raccogliere le testimonianze di due militari, nostri concittadini, impegnati sul fronte dell’emergenza Covid19, il capitano di Vascello Cosimo Nesca, e il Capitano di Corvetta Lorenzo Beltrame, e cercando di sottrarre loro il minor tempo possibile, abbiamo condensato in due domande di narrarci il senso più intenso dell’impegno che sono stati chiamati a profondere in questa sfida che vede impegnate nell’emergenza le migliori forze del Paese. Ne è venuto un ritratto emozionante e commovente dei nostri concittadini cui rivolgiamo la nostra gratitudine, unita a quella per le Autorità Gerarchiche per l’opportunità che hanno voluto concederci.
Con la prima domanda abbiamo chiesto loro di parlarci dell’esperienza perché stanno vivendo sulla prima linea dell’emergenza.
CV Cosimo Nesca: “Nell’ambito delle attività della Difesa per il contrasto al COVID 19 fortemente volute dal Ministro Guerini, sono stato designato quale Ufficiale coordinatore dei team sanitari operanti in emergenza COVID nelle Marche ed Abruzzo. Alla luce di questo incarico ho coordinato le attività sanitarie dell’Ospedale da Campo di Jesi allestito a supporto dell’Ospedale “Carlo Urbani di Jesi” e dei team della Marina Militare inviati alla Casa di riposo di Cingoli ove erano presenti 39 ospiti affetti da COVID 19. In entrambi i casi il personale della Marina Militare ha dimostrato come la elevata preparazione professionale congiunta a un encomiabile spirito di sacrificio sia il viatico per ottenere risultati sorprendenti. La Marina, insieme alle altre Forze Armate sono state e continuano ad essere impegnate a concorrere con tutte le energie nell’ambito del Sistema Paese per fornire ogni giorno risposte concrete a questa emergenza sanitaria”.
CC Lorenzo Beltrame: “Come Ufficiale della Brigata Marina San Marco, sono stato preparato ad operare al servizio del Paese nonché per contribuire alla pace e alla sicurezza internazionali. Proprio per questo siamo in grado di riadattare le nostre capacità ed operare sul territorio nazionale. Lottare fianco a fianco ai nostri connazionali è stato un onore e una soddisfazione impareggiabile, per me e per tutto il gruppo della Marina impegnato a Jesi. L’aver contribuito ad aiutare connazionali in difficoltà, ripaga di tutti gli sforzi fatti, soprattutto in un contesto emergenziale come quello che stiamo vivendo insieme al resto della popolazione nel contrastare la pandemia COVID-19 rendono noi marinai orgogliosi e fieri di essere italiani al servizio dell’Italia”.
Con la seconda domanda di natura più introspettiva, abbiamo chiesto loro di descriverci, alla luce delle precedenti esperienze operative, l’esperienza umana che ne stanno traendo:
Cosimo Nesca: “Nel 2002 sono stato impegnato nell’emergenza sismica in Molise sia come medico sul campo che per le successive operazioni con la camera iperbarica della Marina Militare. Questa è stata dislocata all’Ospedale Regionale di Campobasso per il trattamento delle lesioni da schiacciamento di alcuni bambini e insegnanti coinvolti nel crollo della scuola. Entrambe le attività mi hanno dato la possibilità di collaborare con il personale sanitario del posto creando un gruppo di lavoro unico, un equipaggio a tutti gli effetti. Queste esperienze hanno rafforzato la mia convinzione che essere medico è un privilegio ed esercitare la professione indossando l’uniforme un vero onore”.
Lorenzo Beltrame: “Nel corso della mia carriera, sono stato impegnato in diversi contesti operativi internazionali, trascorrendo lunghi periodi lontano da casa, sia da membro di equipaggi navali, come in Libano 2006, sia come executive officer del Military Advisor Team del San Marco impiegato in Afghanistan e come Camp Site Manager in Libia durante la missione bilaterale di assistenza e supporto in LIBIA (MIASIT) – Task Force IPPOCRATE; ma è nei contesti operativi nazionali, come in occasione del tragico sisma di Amatrice, e adesso presso il dispositivo del Posto Medico Avanzato della Marina Militare impiegato presso l’Ospedale Carlo Urbani di Jesi, che si provano soddisfazioni umane e professionali impareggiabili e assolutamente impossibili da provare in qualsiasi altro mestiere. In occasioni come queste si ha l’opportunità di crescere umanamente e professionalmente. Porterò con me l’impegno profuso dal mio gruppo, la capacità di affrontare anche i momenti più difficili con propositività, integrandosi fin da subito con il personale sanitario del posto e con la popolazione locale”.
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