Aveva appena compiuto quarant’anni, e da tutti era
soprannominato Caio Sano. Caio perché ricordava,
seppur di origini toscane, un romano verace,
sguaiato, contraddittorio e pigro. Sano perché si
professava un ateo – che ce l’aveva col mondo intero
– e dunque, secondo la sua coscienza, era uno dei
pochi sani in un pianeta di pazzi. Caio aveva
problemi di fiducia in se stesso, un po’ come tutti,
direte voi. Ecco…
Giorni nostri. Quattro personaggi in cerca di pace
nella quotidianità caotica del mondo (a)sociale del
nuovo millennio. Quattro persone si incontrano, si
sfiorano, collaborano, vivono, si amano. Poi si
perdono di vista, perdono opportunità, occasioni,
fanno scelte (talvolta opinabili), si maledicono. Come se niente fosse. Come se tutto ciò che hanno
condiviso nel passato recente non avesse alcun valore. Ne emotivamente, nè lavorativamente.
Piccole vite infelici parla delle esistenze di Melina, Marco Marcello, Caio Sano e Maya in una
Capitale d’Italia glaciale, non per il freddo ma per la nuda e gelida umanità che la anima. Una Roma
multiculturale nel 2015 che fa da sfondo alle vicende dei protagonisti bramosi di essere finalmente
valorizzati dall’altro e maledettamente insicuri e complessati nei loro confronti al contempo. Una
città, Roma, che sa amarli per poi nascondersi tra le pieghe della sua imponente fragilità,
raggomitolandosi su sé stessa per giocare al gatto con il topo con i suoi cittadini tutti. Che l’abitano,
la visitano, la colorano. E poi la violentano brutalmente senza alcuna pietà.
Stefano Labbia è un giovane autore italo brasiliano classe 1984, nato nella Capitale d’Italia. Ha scritto
e pubblicato, nel 2016, “Gli orari del Cuore” per Leonida Edizioni, raccolta poetica che racchiude
alcune liriche composte tra l’adolescenza e la maturità. Nel 2017 è tornato in libreria con “I Giardini
Incantati” (Talos Edizioni).
Questo è il suo primo romanzo.
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