Il romanzo affronta il tema non semplice della persecuzione degli ebrei; la storia si svolge a Roma nel corso della seconda grande guerra; il protagonista è Bruno, un bambino che vive in una bella famiglia, il cui papà ingegnere è diventato un bricoler, avendo perso il lavoro in quanto giudaico. Bruno così registra le stranezze del mondo degli adulti: dalla frequenza di una scuola esclusivamente ebraica, agli spazi interdetti, alle scritte ingiuriose…
Nella prima parte, la narrazione è faticosa, mentre nella seconda cresce il ritmo, perché iniziano i rastrellamenti e si avvicendano fatti di chi scappa, di chi è sostenuto dalla gente comune, di chi non ce la fa.
Avvincente è l’aiuto di una vecchia amica della mamma di Bruno che per riscattarsi di una canagliata giovanile le chiede in affidamento il bambino fino a quando la situazione non si fosse normalizzata, ripagando con ben altra moneta l’errore passato.
Nello stile vanno riscontrate alcun sequenze straniante, come quelle di parlare direttamente al lettore per spiegare alcune situazioni. Di certa qualità invece sono i parallelismi che i bambini ebrei compiono tra i racconti biblici (da Mosè e il Mar Rosso, a Davide e Golia, a Salomone e le due madri) e la loro avventura umana; ad esempio, la barca sulla quale fugge un manipolo di ebrei è paragonata all’arca di Noè, da qui anche il titolo simbolico.
Un romanzo dai temi forti, che l’Autrice cerca di addolcire con l’ultimo capitolo, un debole extratesto in verità, in cui prospetta un lieto fine per tutti i protagonisti della storia.
Quando tornò l’arca di Noè è una autobiografia romanzata illustrata da Desideria Guicciardini, scritta con bravura dalla Levi, perché adeguate sono le dosi di ironia e di leggerezza utilizzate, che permettono comunque di diffondere anche tra i fanciulli momenti tragici della storia nazionale, di cui non bisogna mai perdere la memoria, per creare una sincera coscienza democratica e cristiana.
Cosimo Rodia