Qualche studioso si è posto il dubbio se parlare molto di un problema sociale porti alla assuefazione; se così fosse, ne rimarrebbe fuori il libro di Simona Dolce, che ha il pregio di trasportarci nell’espressione magmatica della mafia, con levità e con un bel piglio narrativo.
La storia si snoda in terza persona, ma il narratore è onnisciente: Salvatore, di otto anni, vive in una famiglia di onesti lavoratori, con una mamma amorevole e con un fratello mafioso. La mamma impone al piccolo protagonista di frequentare la parrocchia di don Puglisi, dove si combatte la mafia con le armi dell’amore e della solidarietà; qui Salvatore subisce l’ostracismo dei suoi compagni, vittime a loro volta dell’omertà dei grandi. Così dopo numerose avventure, il protagonista propende spontaneamente per il bene, di cui sono esempi vivi la madre, il padre e il parroco ucciso.
La mia vita all’ombra del mare è un romanzo ispirato, in cui si avvertono le atmosfere del sud, i suoi odori, il caldo, il mare, e con la focalizzazione della figura di don Puglisi, la cui vita scorre a fianco a quella di Salvatore, si indica una possibile rinascita del Mezzogiorno attraverso la legalità, l’istruzione e il rispetto dei diritti del fanciullo.
Nel romanzo ci sono temi impegnativi, forti e carichi di violenza, ciò nonostante Simona Dolce riesce a raccontare la tragedia del prete coraggio con leggerezza, inquadrata a sua volta in un dramma più ampio che è familiare, sociale, istituzionale. Salvatore vive sulla propria pelle la violenza dei compagni, quella del fratello contro i genitori, ma anche la dolcezza del sacerdote… e da queste esperienze sboccia l’idea che la mafia è cattiva, violenta, prepotente, da cui è bene prendere le distanze. È paradigmatica la violenza contro un gattino, la cui esperienza permette a Salvatore di misurare la brutalità dei suoi amici oramai persi nel gorgo del male; sono le esperienze che gli fanno comprendere cosa sia il male e cosa il bene. Il testo verso la fine recita: «Ci sono modi e modi di diventare grandi, non tutti sono belli, pensa Salvatore. Forse avrebbe preferito non ascoltare nulla […]. Forse avrebbe preferito restare piccolo per sempre, o almeno per stasera.
È come se un velo si fosse squarciato».
Una storia dura e agghiacciante per le scene e le situazioni narrate, la cui violenza scuote le coscienze e le inchioda alla responsabilità civile: non è ammissibile la comoda indifferenza!
E dopo aver letto la storia di don Puglisi ognuno è spinto a propendere per un ideale I care. E questo vitale semino lo fertilizza già il romanzo della Dolce, scritto per preadolescenti, ai quali si dice in filigrana che il mondo esterno è costruito con i nostri gesti quotidiani; sicchè dipenderà da noi creare un mondo più vivibile e solidale.
Cosimo Rodia