Di Marion Gajda
Non erano passate nemmeno poche ore dal terremoto che già gli sciacalli sui social network sprecavano centinaia di commenti invitando a cacciare i profughi dalle strutture che li ospitano per lasciare spazio ai terremotati: “Mi raccomando ora i terremotati mettiamoli nelle tende e lasciamo gli immigrati negli hotel con smartphone, Wi-Fi e aria condizionata “. O anche “Rimettiamo i profughi nei barconi per liberare spazio agli Italiani”. Addirittura qualcuno si poneva la domanda ipotetica: “E se trovo un immigrato clandestino sotto le macerie e nello stesso momento un italiano? Quale salvo per primo?”. La gara al sciacallaggio e commento qualunquista di acchiappa like, non ha risparmiato nemmeno i politici di turno, che hanno cavalcato l’onda della tragedia per politicizzare un momento che dovrebbe essere di cordoglio e solidarietà.
Il segretario della Lega Nord, citava un parroco di un paese in Liguria che su Facebook aveva scritto “Adesso è il momento, vista la tragedia del terremoto di mettere gli sfollati nelle strutture e i migranti sotto le tende …. Vedremo”, auspicandosi la stessa cosa. Invece il presidente della Regione Lombardia Maroni scriveva: “Mettiamo a disposizione il Campo Base di Expo per ospitare gli sfollati del terremoto. Mi pare una destinazione idonea, invece che farci un campo profughi.”
Già, questi sono i sciacalli dei social network. Si tratta infatti di uno sciacallaggio di altro tipo rispetto a quello materiale. Se quello punta a sottrarre i polverosi resti di vite spezzate, spolpando i ricordi e profanando i sogni, questo punta a mescolare le categorie, gli argomenti, i temi di discussione per rubare civismo, rispetto e perfino meccanismi logici e di pensiero. Il problema non è ovviamente la qualità di queste manifestazioni, che non meriterebbero menzione, ma l’inquinamento intellettuale che puntano a produrre pur senza saperlo: contrapporre contesti assolutamente lontani, non correlati fra loro, impossibili da collegare. Se non per il razzismo, il populismo ed ignoranza.
La risposta migliore è arrivata da chi, invece di alimentare chiacchiere e polemiche, si è rimboccato le maniche per aiutare attivamente i terremotati, come i richiedenti asilo dello Sprar di Gioiosa Ionica, in Calabria, che hanno deciso di donare il proprio pocket money agli sfollati di Marche e Lazio. Una cifra piccola, ma fortemente simbolica, per ricambiare la solidarietà ricevuta con l’accoglienza. E c’è anche chi, come i profughi di Monteprandone, in provincia di Ascoli Piceno, che hanno chiesto di poter recarsi ad Amandola, uno dei centri marchigiani colpiti dal sisma, per dare il loro contributo materiale.
Ma altrettanto significativa è stata la risposta di tantissimi Italiani che sono stufi di leggere polemiche sterili sui migranti, capro espiatorio di tutti i mali e del tutto fuori luogo nelle ore della drammatica emergenza. “Non si era ancora al tramonto della prima giornata dopo il terremoto e già la pestilenza del web tornava a diffondersi: “Nelle tendopoli metteteci gli immigrati, così lasciano agli sfollati le camere negli alberghi a 5 stelle. Ed è evidente che non gli interessa né degli uni né degli altri. Vogliono solo contribuire a loro modo, versando bile”, scriveva Enrico Mentana, direttore del Tg di La7. Ma la vera risposta è arrivata invece da chi già dalle prime ore della tragedia ha dato, come sempre in queste situazioni, prova di enorme solidarietà, impegno e fortezza d’animo. Unendosi tutti in un unico abbraccio, lontano da stereotipi e cattiverie, ma con un solo pensiero quello di dare dignità alla parola essere umano. Perché è la solidarietà che rappresenta il patrimonio più prezioso degli Italiani. Non bisogna darlo per scontato. E soprattutto non bisogna permettere che venga lordato da quel parziale e imbarazzante “sciacallaggio mediatico”.