Molte volte mi chiedo come mai, noi generazione dei telefoni a gettoni e della carta stampata siamo così legati all’odore delle pagine dei libri, alle copertine, alle illustrazioni. La risposta è semplice, il libro ci aiuta a vivere, lo si diceva spesso nelle assemblee studentesche di una scuola senza il web. “La letteratura aiuta a prolungare la mia vita, il mio pensiero” diceva il rappresentante degli studenti col megafono . “E il pensiero degli altri diventa per me un grande dono per conoscere i misteri della natura e dell’uomo. Pensate che tristezza se ognuno di noi iniziasse e finisse la sua vita col suo pensiero: dove si anniderebbero le opere di Leonardo, il cannocchiale di Galileo, i visi dolci delle Madonne di Raffaello, il dizionario filosofico di Voltaire. Che tristezza. Letteratura e vita devono vivere incontrandosi e tenendosi per mano, anche nei momenti più bui, anzi soprattutto nei momenti bui.” Gli educatori di oggi cercano di far passare emotivamente questo concetto alle nuove generazioni, ma non è semplice anche perché la scuola oggi volge verso altri lidi e direzioni. Sembra che i libri di testo mandino il messaggio contrario, che cioè tra vita e Letteratura vi sia una voragine immensa, che non porta mai alla fusione, all’incontro. Sembra che le letture siano fatte per gli esercizi e non per la bellezza della lettura in sé. La Letteratura autoreferenziale avrebbe fatto rabbrividire gli studenti sognatori di altre generazioni. La Letteratura che mira a far avere un voto alto se rispondi a tutti i quesiti del testo fa anche sorridere un po’. Anche il teorico Todorov avrebbe sorriso di gusto. Ma lo sappiamo, la nostra scuola è detta “delle competenze” e i contenuti di un bel libro si piegano ad essere strumenti per rispondere “vero o falso”.
E invece il libro è ben altro, è frase consolatoria, bella nella sua poesia, nella evocazione di un momento, nella descrizione del colore indaco di un tramonto. Il testo scolastico al contrario ci dice dobbiamo addestrare i ragazzi a cercare con la matita le metafore o similitudini, non per assaporarne la bellezza, ma per metterle in tabella. Quattro salti in tabella, per parafrasare la famosa pubblicità. Forse anche a questo dobbiamo il disinteresse alla Letteratura da parte dei nostri studenti. Nessuna gioia nei loro occhi quando il poeta insegue Ermione o quando Silvia si affaccia alla finestra: solo appunti su suoni, colori, paratassi, ipotassi. Il tempo, il ritmo, il suono della poesia sotterrati in un cumulo di carte. Eppure guidare i ragazzi col libro di lettura tra le mani, integrale e non a stralci, come avviene fortunatamente in alcuni istituti, può portare a risultati sorprendenti: iniziare a leggere, sentire il chiasso della classe e non dire nulla, aspettare che si innamorino, ma che si innamorino veramente, e non per dovere. Siamo maestri di speranza, e la speranza è che si ritorni ad amare il libro, per il libro e non per superare la seconda prova, l’Invalsi o il quizzone, come lo chiamano i ragazzi prossimi alla maturità. Un libro da amare, presentare con la presenza dell’autore e studenti, magari in una delle tante serate di primavera. L’ordinario può diventare straordinario.
Tanti sono i professori appassionati, amanti dei libri, divoratori di libri. Ma per il Ministero un insegnante che legge sta lavorando? Spero che la risposta sia affermativa; non immagino un insegnante che produce solo quando corregge le prove di valutazione, le prove delle competenze, le prove del vero o falso. Non posso immaginare che sia tempo rubato leggere o analizzare gli scaffali per Letteratura dei ragazzi alla fiera di Bologna, o di Campi Salentina o di Torino.
Non posso credere che la Letteratura possa essere ridotta a sola analisi. Farebbe un po’ pena, perderebbe la sua miriade di linguaggi per spiegare le cose, per togliere il velo del mistero attraverso le parole. Ci resterebbe solo la parola banalizzata e anestetizzata, senza gioia né dolore. Solo domande e quesiti. e avremmo ragazzi senza gioia, ma pronti a contare i minuti per vedere in quanto tempo rispondono a 20 domande. Il Fu Mattia Pascal o Il deserto dei Tartari è ben altra cosa. Buona lettura amici.
Elena Manigrasso
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