MI CHIAMO BARBONE di Fabio Grimaldi, edizioni LietoColle, è una raccolta poetica con versi delicati, che raccontano di un uomo che non ha nome, non ha casa, non ha un letto, non ha amici se non Annamaria, un’altra senzatetto (più agiata di lui perché gira con un carrello zeppo di effetti personali); un uomo che tutti chiamano barbone, sicchè si convince che sia il suo nome.
Pur randagio, il senzacasa non è mai scompagnato, a dargli calore ci pensa un cane; non ha cibo, non ha coperte… ha solo un cappotto in cui si “acciambella”, chiudendo nel contempo il mondo all’esterno.
I versi fanno scorrere le immagini raccapriccianti di una metropoli in cui un uomo può rimane ai margini, crearsi una realtà autonoma ed autoreferente, senza che nessuno se ne avveda.
I versi stimolano a fissare le emarginazioni e a riflettere sulle cose importanti della vita.
“A che serve un nome?/C’è chi mi chiama barbone… Sono Barbone,/è questo il mio nome. O ancora: Non sono mai solo./Con me c’è sempre il mio cane./Non chiede nulla. Infine: Non mi sento povero./Possiedo il tempo,/tutto il tempo che voglio”.
Una bella raccolta che oltre al tema rappresentato, si fa apprezzare per il linguaggio parlato, leggero e dalla comunicazione diretta.
Cosimo Rodia
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