Di Cosimo Rodia
Portami con te è l’ultimo romanzo di Fulvia Degl’Innocenti; un libro realistico, crudo, straordinariamente carico di tragedia e speranza.
In una cornice di dramma moderno, l’Autrice spezzina plasma un’avvincente avventura verso la libertà e l’affettività. Un libro sconvolgente in cui l’amore per la vita corre a fianco al degrado, alla solitudine, alla morte. C’è un bipolarismo ambientale: da una parte la Romania col freddo, la povertà seminata dalla dittatura, la disoccupazione, l’emigrazione di massa con i bambini apparentemente accuditi da un villaggio in sfacelo, con i vecchio oramai disincantati; dall’altra parte l’Italia, luminosa, calda, accogliente, capace di vestire di futuro l’esistenza. È un quadro noto che la cronaca ci offre giornalmente attraverso i media; ma nel romanzo di Degl’Innocenti ci sono i vissuti e le tragedie che la cronaca non può raccontare: i traumi dell’abbandono, le ferite dell’animo provocate dalla solitudine, l’angoscia che spinge al suicidio; nel romanzo, infatti, aleggiano due morti giovanili (Pavel e Costel), due comparse che danno però consistenza drammatica a tutto il racconto e che suona come una campana nel dare l’allarme al protagonista prima di cadere nel vortice della depressione.
Florentin, il protagonista di undici anni, lasciato prima dal padre, poi dalla madre per un lavoro a Livorno, quando sta per essere avvinto dalla malinconia, quella campana lo sveglia e gli inietta una scarica di motivazione per la vita.
L’esistenza porta a volte a fare delle scelte dolorose per sopravvivere, anche quella di lasciare figli piccoli in custodia della nonna; ma un bambino non può vivere senza la mamma, senza il rimando affettivo continuo, ecco ripetuto come un mantra: “Portami con te” che il protagonista dice o scrive alla madre, partita per l’Italia a fare la badante.
Personaggi secondari sono le due sorelline di Florentin, la nonna e gli amici; ma tutto l’obiettivo narrativo è rivolto sul ragazzo e al suo modo di rispondere ad una carenza, ad un bisogno naturale d’affetto genitoriale: il padre l’ha appena conosciuto, prima di rifarsi una vita in Germania, la madre parte e gli rimane la nonna; i giorni sono carichi di attesa, ma le attese generano tristezza, che a sua volta porta sul crinale pericoloso dell’annullamento di sé; ma Florentin di fronte alla tragedia di due suoi coetanei, reagisce e programma la sua grande avventura, una fuga per la vita: attraversa tre Stati per raggiungere la madre a Livorno.
Il romanzo ha un lieto fine, anche per la figura del signor Aldo, il vecchio italiano accudito, emblema dell’accoglienza di tutto il nostro Paese.
Un bel libro, tipico dell’Autrice, che discrimina un problema sociale, lo traspone in finzione narrativa e lo dona al lettore per farlo pensare, svegliando, semmai, la coscienza spesso obliata dai lucori del benessere (finto).
Il romanzo è scritto con un linguaggio immediato e scorrevole, con dialoghi secchi ed è inserito nella ottima collana “Insieme” della Raffaello Ragazzi, pensata per raccontare storie nate in collaborazione con i protagonisti del mondo sociale, come nella fattispecie con la Fondazione PARADA, nata a Burarest nel 1996 per aiutare i bambini rumeni sfortunati, e con l’Associazione “L’Albero della vita” impegnata a difendere e promuovere i diritti dei bambini.
Un libro che al netto di alcuni passaggi troppo forti per i preadolescenti, rimane di grande efficacia nel promuovere una coscienza solidale e accogliente, invitando già i giovani lettori ad essere pronti per una cittadinanza attiva, aborrendo le abiure e i pregiudizi, perché il futuro lo si costruisce stando insieme tenendosi, all’occorrenza, per mano.