di Enzo Carrozzini
Anni di piombo furono definiti quegli anni che, grosso modo, compresero il decennio tra 1970 e 1980 laddove il Bel Paese uscito dal periodo di floridezza legato al boom economico degli anni 60, si trovò a dover fare i conti con le contraddizioni che esasperarono il contesto sociale e politico degenerando in contestazioni che si tradussero in atti di violenza e terrorismo da parte di contrapposte organizzazioni extraparlamentari di matrice comunista e fascista, senza dimenticare il concorso di alcuni esponenti delle Istituzioni, e qui la memoria va a quello che fu definito il “tintinnare di sciabole” (di certo fu sentito il 1964 e il 1970) di alti ufficiali delle forze armate interessati affinché in Italia si ristabilisse un regime dittatoriale. La sequela di violenze e lutti caratterizzata da stragi di inermi cittadini di marca fascista, e omicidi del terrorismo rosso che dedicava l’attenzione più esponenti delle forze dell’ordine e magistrati, ha distrutto e segnato la vita di migliaia di famiglie, ma c’ è un evento, in particolare, di matrice comunista che studiosi ed esperti hanno considerato il più spietato e destabilizzante per la conseguenze di ordine politico che determinò. Parliamo dell’agguato da parte dei terroristi delle Brigate Rosse che a Roma il 16 Marzo 1978 costò la vita a cinque uomini della scorta dell’Onorevole Aldo Moro, del suo rapimento e omicidio dopo 55 giorni di prigionia. Un’azione che pose fine sul nascere all’intesa politica dello statista democristiano col segretario del Partito Comunista Italiano , Enrico Berlinguer, mirante ad avvicinare gradualmente in orbita governativa il più grande partito comunista d’occidente determinando un mutamento della sua cifra politica su posizioni riformiste. La storia immediatamente successiva ha fatto comprendere, atteso lo scenario internazionale e gli interessi contrastanti dei tanti attori politici dell’epoca, incluse Brigate Rosse che miravano al riconoscimento politico della loro organizzazione e a contrastare la “deriva” , secondo la loro visione, del P.C.I. , come i tempi non fossero ancora maturi per la “democrazia compiuta” nel nostro Paese. Insieme alle motivazioni politiche della vicenda Moro, si è affiancata parallelamente, nel corso dei 37 anni da quel tragico giorno , e di pari passo anche con i 5 processi celebrati in vent’anni che hanno individuato fatti e responsabili, una serie di interpretazioni e ricostruzioni dei fatti che spesso e volentieri hanno ingenerato confusione e stravolgimento delle realtà emerse giudiziaramente da parte di operatori dell’informazione e altri personaggi che continuano a voler rifiutare i punti fermi di tali realtà, le cui motivazioni sono inspiegabili se continuano a fondare le loro convinzioni su fatti già ampiamente giudicati privi di fondamento e per cui alcuni di essi sono anche indagati per calunnia. Un ottimo supporto per la comprensione della storia è dato dal saggio inchiesta del giornalista Nicola Lofoco dal titolo “Il Caso Moro : misteri e segreti svelati”,( Gelsorosso Editrice), che libera il campo di tutte le interpretazioni fumose sugli aspetti più controversi della vicenda e rappresenta un contributo serio alla sua spiegazione. Un occasione per comprendere meglio la questione è data da un monologo, tratto dall’autore dal suo stesso saggio, che avrà luogo giovedì 26 Marzo alle ore 19 presso la libreria Culture Club Café , con l’attrice Floriana Uva nell’interpretazione dei passi più drammatici della vicenda tratti dal lavoro dell’autore, inlcuse le l’ultime lettere dello statista democristiano.
Libreria culture Club Café ore 19,00
Mola di Bari. Via Cristoforo Colombo 70. Ingresso libero.