di Eleonora Arnesano
La nostra provincia musicale è ricca di talenti ancora non scoperti che meriterebbero di essere lanciati nel campo nazionale della musica italiana non solo per la bravura, ma anche per lo spirito innovativo, per la cura dei testi, per i ritmi e le melodie eccentriche. La redazione ha intervistato “Non Giovanni”, al secolo Giovanni Santese, cantautore grottagliese, che divide il suo percorso artistico e culturale tra Roma, Bologna e Taranto. Si definisce un “umile servitore” della canzone d’autore italiana: prende i colossi sacri del cantaurato per inserirli in una nuova dimensione pop, dal sound elettrico e colorato. L’incontro e la collaborazione con Amerigo Verardi, musicista e produttore brindisino, dopo alcune autoproduzioni folk ed elettronica, ha genereto il suo disco d’esordio nel 2014: “Ho deciso di restare in Italia” (Irma Records).
Il tuo album “Ho deciso di restare in Italia” è un misto di classicismo, spirito scanzonato ed elettronica. Quali sono le tue fonti di ispirazioni ed influenze musicali?
Sono molto legato ai cantautori del passato, De Gregori, De Andrè , Guccini, Dalla. Molto meno ai contemporanei anche se mi riconosco nel loro stile, forse perché condividiamo gli stessi ascolti.
Ci spieghi l’origine del tuo pseudonimo “Non Giovanni”?
Non Giovanni è la negazione dello spirito libertino ed estremo di Don Giovanni, è l’ammissione di essere quello che sono, una persona normale che nutre profonda ammirazione per certe figure dionisiache ma che resta ancorato al quotidiano e alla tranquillità. E poi Non Giovanni è anche negazione di me stesso, il Giovanni che lavora e che accetta compromessi, Non Giovanni ne accetta molti meno, perché fa solo ed esclusivamente quello che gli piace.
Come è nata la collaborazione con Amerigo Verardi?
Qualche anno fa gli feci ascoltare alcuni miei brani per chiedergli una mano nella produzione del mio primo vero disco ufficiale. A lui piacque molto il mio lavoro ma mi invogliò a scrivere ancora. Così feci, e in poco tempo sono nati i pezzi di Ho deciso di restare in Italia a cui abbiamo lavorato negli arrangiamenti con Franz Lenti e il resto della band, e che poi ha visto il tocco finale di Amerigo in fase di pre-produzione, produzione artistica e missaggio in studio. E’ stata una bella collaborazione, diventata oggi amicizia.
Nello scrivere i testi delle canzoni, quanto ha influito la tua formazione culturale?
Direi molto. Sono legato a certa letteratura e certi filosofi, che hanno segnato profondamente la mia scrittura. Primo fra tutti Nietzsche, e poi tanti altri, dei cui nomi si trova anche facile traccia nelle canzoni del disco.
Tu sei nato a Grottaglie. Quanto è importante, in quello che scrivi, il rapporto con la tua terra d’origine?
Nelle canzoni si trova poco o niente in termini di riferimenti diretti, eccetto per la title track in cui parlo del mio luogo d’origine come il posto dove tutto è nato e che mi ha fornito i mezzi per essere quello che oggi sono; in generale mi piace pensare alla mia terra come fonte d’ispirazione, cosa che effettivamente è. Mi guardo intorno, nel bene e nel male, e mi vien voglia di scrivere.
Ci vuoi parlare del connubio con Caparezza, Carmelo Bene, De Andrè, Cocciante, Pirandello Santamaria?
Mescolato in questo modo sembra un cocktail esplosivo e senza senso. In realtà hai preso alcuni dei nomi che spuntano nelle canzoni. Sono tutti nomi che hanno segnato la mia strada, alcuni in maniera ironica, perché sono semplicemente persone a cui vengo associato per una presunta somiglianza fisica, ed altri per l’influsso che hanno avuto nella mia formazione. Questo album effettivamente, visto oggi col senno di poi, è per me anche un tributo al mondo letterario ed artistico che mi ha allevato.
Parlando sempre della nostra terra, ormai nota non solo per il mare, ma madre di veri e propri talenti musicali. Cosa pensi della dimensione live pugliese?
La Puglia ha visto negli ultimi anni un fiorire notevole di artisti e occasioni live di grande portata, il merito è anche di Puglia Sounds e del Medimex. Ma è una realtà che va coltivata e non lasciata all’iniziativa occasionale, è importante creare rete, magari anche tra le diverse province, rompere la barriera campanilistica che esiste tra l’una e l’altra, e lavorare in maniera sinergica e progettuale.
Secondo te qual è la canzone che comunica di più nel tuo live?
Dal vivo mi piace molto suonare “Ho deciso di restare in Italia” ma anche “I sogni che si fanno”.
Mi racconti un momento particolare durante la scrittura di un pezzo di questo nuovo disco?
Ho vivo il ricordo della scrittura di Più televisivi che mai, quando a metà canzone è accaduto il fattaccio dell’esplosione nella scuola di Brindisi in cui ha perso la vita una ragazzina adolescente. Una cosa terribile che è entrata nella canzone all’istante perché mi ha molto colpito ed era perfettamente attinente col tema del pezzo (Scuole che saltano su, non era ancora successo, e ancora i brividi addosso).
Il brano “Io sarò famoso” è autobiografico perchè rispecchia le tue ambizioni?
No, quell’io sarò famoso è ironico ed è una critica alla ricerca del successo ad ogni costo, anche solo diventando il sosia di qualcun altro. E’ chiaro però, che nel mio lavoro diventare celebri e popolari significa molto spesso rendere la passione una professione, e quindi si, auguro anche a me stesso un po’di celebrità in più rispetto al timido quasi-anonimato in cui vivo oggi.
Qual è la migliore qualità di Non Giovanni?
Non saprei. Forse la voglia di cercare novità, l’incapacità di restare sempre fermo sulle stesse cose di sempre.
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