di Gianbattista Tagliani*
La stagione televisiva 2014/2015 potrebbe esser ricordata come la stagione del tracollo dell’informazione.
Tracollo potrebbe suonare addirittura apocalittico ma non inverosimile.
L’italia è una nazione con 60 milioni di abitanti il cui giornale più diffuso tira meno di 500 mila copie e il notiziario più visto fa registrare una media di 5 milioni di spettatori.
In altre parole le fonti informative istituzionali si parlano a meno del 10% della popolazione, per quanto riguarda i TG ed a meno dell’1% per quanto riguarda la stampa in edicola.
Questi numeri certamente non collocano l’Italia nei primi posti della classifica dei paesi che attraggono investitori nell’editoria.
Non di meno va considerato lo straordinario numero di testate esistenti, in parte giustificato dall’incredibile numero di studenti di Scienze della Comunicazione o scuole di giornalismo ma soprattutto riscontro di una delle principali caratteristiche dell’italiano medio; poca propensione all’ascolto ed irresistibile impulso a “dire” qualsiasi cosa su qualsiasi tema.
Perché tracollo?
Michele Santoro dice senz’altro il vero quando sottolinea l’eccesso di offerta di programmi politici ma non fa alcun riferimento a quella che verosimilmente è la principale causa della disaffezione del pubblico italiano. La relativa (per non dire scarsa) credibilità dei media oltre che la consapevolezza della sostanziale inutilità di dedicare ore di schiamazzi a ipotesi su retro pensieri (“Pinco ha detto questo ma secondo me voleva dire quest’altro”), dietrologie (“Pinco ha fatto questo per quest’obiettivo ma secondo me il suo vero obiettivo é quest’altro) e via dicendo.
In nessuno dei programmi a diffusione nazionale (talk, rubriche o programmi d’approfondimento) si trattano temi che non afferiscano alla stretta attualità. Non si parla di esteri, di ambiente, energia, salute o alimentazione, cultura o sport. E questo nonostante i titoli di diverse puntate facciano riferimento proprio alle tematiche ignorate. Il livello di abbrutimento raggiunto dalla “massa italica” fa si che le trasmissioni siano ideate, progettate e costruite al solo fine di favorire lo scontro fra fazioni ideologiche.
E più cruento è lo scontro più è apprezzato dagli editori.
Non sprechiamo tempo a studiare quale sia il formato fisico più funzionale o se sia meglio puntare alla distribuzione in edicola o su dispositivi digitali mobili.
Se non si producono notizie, vere, verificate e verificabili e se non si trattano temi che riguardano le persone che compongono il popolo italiano (e non solo temi che riguardano i loro portafogli) l’informazione nostrana non s’illuda di sopravvivere.