di Nicola Lofoco
“Viva il Cile! Viva il Popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia, il tradimento” Salvador Allende (foto) nel suo ultimo discorso
L’ 11 Settembre 1973, il generale Augusto Pinochet compiva un sanguinoso colpo di stato in Cile, deponendo il presidente legittimamente eletto Salvador Allende. Dopo oltre 40 anni, dopo che tantissimi fiumi di inchiostro hanno descritto quei dolorosi giorni della storia contemporanea del Cile, emerge sempre di più la responsabilità degli Stati Uniti e del loro appoggio al “golpe nero” di Pinochet. Un appoggio che fu determinante, perché gli Usa vedevano nel governo di unità popolare presieduto da Salvador Allende un pericolo in grado di destabilizzare l’intero assetto geopolitico dell’America del Sud. Un avvento democratico verso il socialismo, che rompeva la tradizionale tendenza degli stati sudamericani nell’ avere governi populisti e dittatoriali senza compiere libere elezioni. Tutti governi da sempre al servizio degli Usa e della sua egemonia nel Nord America. Il Cile aveva scelto invece una precisa linea politica democratica. Non vi erano bande di guerriglieri pronti a prendere il potere con le armi, ma forze politiche sociali che avevano scelto la strada del confronto democratico. Tutto questo avrebbe potuto cambiare anche i rapporti di forza, tra i paesi del blocco occidentale e quelli del blocco orientale. Nel 1973, si era infatti in piena guerra fredda tra Usa ed Urss. Vi erano anche interessi economici fortissimi in quanto l’economia mineraria cilena era interamente controllata dagli americani. La scelta di Allende di nazionalizzare l’intero settore, non era certo gradita agli Stati Uniti presieduti all’epoca da Richard Milhous Nixon.
Il Cile per molto tempo era stato soggetto ad un notevole sfruttamento economico da parte di imprenditori interni e di esponenti del capitalismo internazionale ed Allende si accingeva a rivedere le linee della politica economica nazionale. Per quanto i militanti del governo di unità popolare fossero ben radicati nel territorio, un intervento in massa dell’esercito , ben armato, non era certo a favore della resistenza, che venne comunque fatta. Restano famose le immagini del piccolo ed eroico presidente Allende nel palazzo della “Moneda”, bombardato dall’aviazione cilena, con l’elmetto in testa ed un fucile in mano nell’estremo tentativo di proteggere il proprio potere. L’unico interrogativo che ci può porre è come mai la gran parte delle forze armate cilene si schierarono incondizionatamente con il generale Pinochet e di come non vi fosse nel loro un vasto settore chi difendesse le istituzioni democratiche. Ricordiamo a riguardo che l’esercito cileno era composto in gran parte da professionisti.
Questo tipo di esercito, oltre ad avere una forza professionale non del tutto indifferente, èra senza dubbio un esercito con una maggiore coesione interna e soprattutto con un maggiore spirito di corpo. Unità militari tecnologizzate e professionalizzate, come le unità di carristi e dell’aviazione, fecero quadrato su Pinochet, restandogli fedele anche negli anni della conservazione del suo potere. Ma il golpe di Pinochet si inquadrava perfettamente nell’ottica della guerra fredda. Da una parte la Nato, dall’altra il patto di Varsavia. E’ evidente che le reazioni internazionali dinanzi al golpe furono condizionate da questo scenario che ha segnato la storia contemporanea. Quasi tutti i paesi NATO non chiusero le relazioni diplomatiche con il Cile. Non vi furono sanzioni di tipo economico da parte delle Nazioni Unite, dove nel consiglio di sicurezza gli americani esercitarono il proprio diritto di veto. E’ chiaro che il golpe di Pinochet, per la violenza, per l’ampiezza feroce della repressione nei confronti degli avversari politici, per l’uso indiscriminato della tortura, per la pesante lesione dell’attività costituzionale del Cile, non sarebbe mai state tollerato dalla comunità internazionale se il generale non avesse trovato un referente forte e solido come gli Stati Uniti.
Durante e dopo il colpo di stato anche la CIA diede il suo contributo per stabilizzazione del Cile su un governo antidemocratico e dittatoriale. Data la selvaggia ed inaudita repressione fatte dal regime di Pinochet, erano stati certamente compiuti atti di crimini contro l’umanità, crimini per i quali Augusto Pinochet sarebbe dovuto essere processato in Cile. Un processo che non si è mai tenuto, dato che Pinochet morirà a Santiago del Cile nel 2006. Dopo aver lasciato il potere nel 1990, venne nominato senatore a vita godendo dell’immunità parlamentare. Inutili i tentativi della Spagna di richiederne l’estradizione per processarlo per genocidio. Nella storia contemporanea, si sa, ci sono dittatori neri che piacciono e dittatori neri che non piacciono. Ma su questo sarà la storia di giudicare.