Riceviamo e pubblichiamo
Documento redatto dal Comitato Bari vecchia Parco del Castello in risposta al parere emesso dalla Soprintendenza relativo all’edificio nell’area portuale di Bari, composto da 10 Punti col quale si sottolineano, a parere degli autori, incongruenze nell’iter decisionale.
ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL’”APPROFONDIMENTO ISTRUTTORIO” RELATIVO AL PROGETTO NUOVA
SEDE DEL PROVVEDITORATO INTEREGIONALE OO.P. PUGLIA E BASILICATA SITA IN CORSO SENATORE
ANTONIO DE TULIO N.1, REDATO DAL R.U.P. ARCH. EMILIA PELLEGRINO E FIRMATO DALLA DIRETTRICE
REGIONALE BCP AD INTERIM DOT.SA MARIA CAROLINA NARDELLA.
1) In via preliminare si deve rilevare che la natura stessa del documento, redatto su carta intestata
della Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici di Bari, B.A.T. e Foggia, è difficile da definire
con esattezza: in oggetto, infatti, riporta la dizione di “approfondimento istruttorio” e dunque non
di“parere”; il documento, che sembra redatto dal R.U.P. ma senza la sua firma, è firmato invece
dalla direttrice regionale ed inviato per conoscenza, fra gli altri, alla Direzione Regionale BCP. Il
documento, cioè, firmato dalla dott.ssa Nardella, è inviato per conoscenza a se medesima; tutto
ciò è perlomeno inconsueto. In ogni caso il destinatario del documento è il R.U.P. del
Provveditorato Interregionale OO.P., mentre i destinatari per conoscenza sono, oltre alla citata
Direzione Regionale BCP, il Provveditore Interregionale OO.P., il Sindaco di Bari e l’Assessore
all’Urbanistica di Bari. Il documento modifica la “valutazione di merito” effettuata dalla
Soprintendenza in sede di Conferenza di Servizi convocata dal Provveditore il 30.06.2010, ma non è
inviato a tutti partecipanti alla Conferenza stessa per informarli come invece sembrerebbe logico e
doveroso. Si evidenzia, poi, una contraddizione: se, infatti, nell’ oggetto del documento si usa il
termine “approfondimento istruttorio”, nel corpo del documento al quarto capoverso si legge la
frase “…si rende ora per allora il seguente parere…”; sembrerebbe, dunque, che di vero e proprio
parere si tratti e di parere che, proprio perché dato “ora per allora”, non può che riferirsi alla
Conferenza di Servizi che però non è stata formalmente riconvocata, mentre, nel frattempo, i
lavori di costruzione procedono con grande celerità.
2) Il documento esordisce con l’affermazione di far “seguito alla precedente nota” dello 07.08.2014,
inviata anch’essa dalla Soprintendenza al Provveditorato e il cui testo non c’è noto, con la quale si
afferma: di aver comunicato il “recente ritrovamento del Decreto Ministeriale di vincolo”; di aver
“riscontrato che il fabbricato in oggetto rientra parzialmente all’interno dell’area sottoposta a
vincolo”; di aver “proceduto alle verifche tecniche di competenza”; il documento fa, poi,
riferimento al’esame effettuato di “grafici riportanti le opere di mitigazione dell’opera richiesti con
la citata nota” e ad un “sopralluogo congiunto eseguito il 7.08” per arrivare a comunicare i
contenuti del parere. E’ evidente, dunque, che per rendere il nuovo parere la Soprintendenza ha
interagito, addirittura con un sopralluogo congiunto, con il solo Provveditorato, senza
minimamente coinvolgere gli altri attori della Conferenza di Servizi che peraltro non è stata
riconvocata.
3) L’affermazione contenuta nel documento relativa al “recente ritrovamento del Decreto Ministeriale
di vincolo” ha veramente dell’incredibile, se si pone attenzione al fatto che è prodotta da chi,
per dovere fondamentale del suo ruolo, ha quello di tutelare e valorizzare il patrimonio storico,
artistico, architettonico e paesaggistico della coattività. La soprintendenza ammette di aver
“recentemente ritrovato” (e solo perché l’Assessore all’Urbanistica del Comune di Bari l’ha
segnalato) il Decreto di vincolo che aveva evidentemente perduto nonostante il suo preciso
dovere di conservarlo e che non aveva fato valere né nella Conferenza di Servizi del 2010, né in
occasione della costruzione di altri edifici nell’area vincolata dagli ani cinquanta del secolo scorso. Da ciò emerge con chiarezza che anche la palazzina esistente del Provveditorato
opere marittime, oggi in ampliamento col progetto in questione, e gli altri fabbricati ad est, fra cui
le residenze della Capitaneria di porto, sono state a suo tempo assenti e senza tener conto del
vincolo esistente, pur ricadendo ampiamente nel suo perimetro. L’omissione è gravissima, non ha
avuto a tutt’oggi alcuna giustificazione ed è tanto provata da richiedere, nel caso in esame,
l’ emissione di un nuovo parere.
4) Nel documento si richiama, come premessa all’emissione del nuovo parere “ora per allora”, quanto
accaduto in occasione della Conferenza di Servizi del 30.06.2010 e non si ha remora a riconoscere
che in quell’occasione la Soprintendenza rilevò, evidentemente affermando consapevolmente o
meno cosa non vera perché il vincolo era presente allora come oggi, “l’assenza di vincoli di
competenza ai sensi del Codice dei Beni Culturali d. Lgs n.42/04”. Si apprende poi che la
Soprintendenza “eseguì comunque(bontà sua!) una valutazione di merito per considerare un
eventuale impatto negativo dell’opera” e, a fronte del progetto di una palazzina costituita da piano
seminterrato e sovrastanti tre piani per un’altezza pari a circa 12 metri, diede parere favorevole
con il solo suggerimento (si badi bene, nemmeno prescrizione) “di piantumare nuove alberature in
prosecuzione di quelle esistenti sul fronte verso il mare”. Ogni commento è superfluo!
5) Tanto premesso, il documento passa a rendere il parere “ora per allora”, specificando che tanto fa
“ai sensi dell’art. 2 del citato decreto di vincolo del 15 magio 1930 ed ai sensi esclusivamente della
Parte I del Codice n.42/04”.Non si comprende perché la Soprintendenza richiami solo la Parte I
del Codice, escludendo la Parte I, dato che l’area del vincolo si sviluppa in parte in adiacenza, in
parte all’interno dell’area oggetto di Piano Particolareggiato di zona A-Centro Storico. Comunque
la Soprintendenza afferma che l’unico obiettivo del Decreto è di “tutelare le condizioni di
visibilità del bene monumentale”; se però si legge l’incipit del Decreto si capisce che l’obiettivo è più
complesso. Infatti il testo è il seguente: “Ritenuta la necessità di preservare da mutamenti, a scopi
edilizi, la zona circostante il Castello Medioevale di Bari e d’impedire con nuove costruzioni o con
qualsiasi altra opera si alteri la visione generale del Castello steso”. Se ne deduce che gli specifici
obiettivi del Decreto del 15 magio 1930 sono in realtà due: il primo è preservare da mutamenti, a
scopi edilizi, la zona, cioè impedire che vi si costruisca; il secondo, distinto dal primo dalla
congiunzione “e”, è impedire con nuove costruzioni o con qualsiasi altra opera si alteri la visione
generale del Castello, cioè che sia particolarmente garantita la visione generale del monumento.
6) La Soprintendenza poi, richiamando l’art.2 del Decreto, sottolinea che il vincolo non è di
in edificabilità, dicendo il vero, anche se sarebbe meglio affermare che il vincolo non è di
inedificabilità assoluta, ma consente una edifcabilità condizionata dalle prescrizioni ministeriali e
specificamente finalizzata a tutelare la fruibilità dei monumenti. Va infatti sottolineato che il
Decreto del 1930 fa esplicito riferimento all’art.3 della L. n. 68 del 23 giugno 1912; tale art.
recita“Nei luoghi nei quali si trovano monumenti o cose immobile soggette alle disposizioni della
presente legge, nei casi di nuove costruzioni, ricostruzioni ed attuazione di piani regolatori, possono
essere prescritte dall’autorità governativa le distanze, le misure e le altre norme necessarie,
affinché le nuove opere non danneggino la prospettiva e la luce richiesta dai monumenti stesi.“. E’
evidente che tali prescrizioni sono totalmente affidate ala discrezionalità esperta e responsabile di
un’autorità, quale il Ministero e i suoi organi periferici, deputata ala tutela e valorizzazione dei
Beni storici, artistici, architettonici e paesaggistici della coattività; è altrettanto evidente che le
prescrizioni possono in linea di principio spaziare in tutti gradi di limitazioni, dalla’inedificabilità assoluta ala limatura del piccolo dettaglio, e che qualsiasi decisione è condizionata dallo specifico
caso in esame e dalle condizioni dello specifico contesto.
7) Il documento descrive poi la particolare forma del perimetro delle are vincolate, osservando,
senza darne ragione, che esse “risultano più estese nelle parti a nord e ad est, all’epoca libere da
fabbricati” e che “l’area vincolata a nord, all’interno della quale…ricade parzialmente il fabbricato
in esame, ha un profilo quasi a mezzaluna”. E’ invece il caso di cercare e spiegare le ragioni di tale
particolare conformazione, consultando la cartografia dell’epoca, come la Soprintendenza pur dice
di aver fato, ma anche ricostruendo le vicende storico urbanistiche di quegli ani ed in particolare
il vivace dibattito accesosi fra gli amministratori della città e la Soprintendenza sul tema della
“Strada litoranea di acceso al nuovo porto di Bari”. Sono quelli gli anni n cui viene progettato il
riempimento al piede delle mura di Bari Vecchia appunto per realizzare la strada litoranea che fu
vivacemente contrastata dalla Soprintendenza, tanto che tale progetto doveva essere eliminato
dalle previsioni del nuovo Piano Regolatore dell’ing. Vecia che solo così fu portato all’
approvazione. Il vincolo del 1930, inserendosi in quella polemica, ha dunque quel particolare
sviluppo verso nord-est proprio per tentare di scongiurare, almeno in quel settore urbano, la
realizzazione, nella colmata ormai realizzata, di una strada a scorrimento veloce rasente il
Castello. Purtroppo il tentativo della Soprintendenza di allora fu soverchiato da amministratori che,
forti di potenti protezioni ministeriali, puntavano sul rafforzamento delle infrastrutture del nuovo
porto e della Fiera del Levante che prendeva l’avio; la strada fu dunque realizzata a dispetto del
vincolo e si avviò un oscuro periodo nel quale le autoritarie decisioni prese dall’alto alimentarono la
perniciosa autonomia di autorità demaniali, militari, portuali che realizzarono senza limiti le
strutture a loro necessarie, misconoscendo le esigenze di tutela delle parti storiche della città. Fu
un periodo, iniziato negli anni trenta e protrattosi praticamente fino ad oggi, di progressiva
oggettiva incapacità della Soprintendenza a opporsi a richieste di edificazioni n ambito portuale,
sciate, in netto contrasto con i valori ambientali e storico architettonici ed in netto contrasto con il vincolo apposto all’area del castello.
8 Ciò spiega la ragione di quanto nel documento viene invece registrato in modo tautologico, come se si trattasse di un evento naturale, di una situazione da constatare attoniti. Scrive infatti la
Soprintendenza: “A distanza di circa un secolo…dall’apposizione del ridetto decreto di vincolo, si
deve constatare che lo stato dei luoghi di che trattasi risulta radicalmente mutato: l’area della
colmata è stata infatti oggetto di una intensa attività di urbanizzazione”. Ma la Soprintendenza non
sente il dovere di spiegare lei dov’era quando tutto ciò accadeva, peraltro letteralmente sotto i
suoi occhi data la sede del Castello occupata già da quegli ani, quando il vincolo veniva
disatteso, quando addirittura il vincolo veniva dimenticato e/o nascosto? Il silenzio su questo
punto è davvero molto grave.
9) Nel documento si passa poi ad affermare che “la valutazione della compatibilità dell’ampliamento
in esame con quanto prescritto dal decreto di vincolo citato, debba necessariamente tener conto
delle sopradescritte trasformazioni sostanziali che i luoghi hanno subìto”. In altre parole, per
decenni si è costruito in spregio al decreto di vincolo, ormai non c’è più niente da fare: si può
dunque continuare, secondo la considerazione che“l’ampliamento in oggetto si colloca in
addossamento alla costruzione esistente dal lato nord-est, in un punto dal quale le visuali del
castello sono già quasi completamente impedite dalle alberature di alto fustone dalle costruzioni
già presenti”. Invece di recuperare il ruolo che le compete e svolgere finalmente l’azione di tutelare valorizzazione che costituisce il suo fondamentale dovere, la Soprintendenza afferma di dover
“necessariamente” prendere atto del malfatto e dover consentire che si continui a fare!
10) Il documento si conclude con il seguente desolante parere: “la scrivente ritiene che le opere in
progetto siano compatibili con gli obiettivi di tutela previsti dal decreto di vincolo in quanto non
inducono rilevanti modifiche alle condizioni di godibilità del Castello e quindi non arrecano
pregiudizio alle stesse”. E’ così vergognosamente sancito che una palazzina di pessima
architettura, sviluppata con piano seminterrato e tre piani sovrastanti per oltre 12 metri di
altezza, collocata a poche decine di metri dal Castello di Bari sia compatibile con gli obiettivi di
tutela previsti dal decreto di vincolo! Tale parere totalmente favorevole è però moderato da una
pesantissima prescrizione che qui si riporta senza commentarla: “…a condizione che la siepe posta
lungo la recinzione a sud-ovest prevista con oleandri sia realizzata con piante di pitosforo in
analogia alle siepi già presenti nel giardino.”
Il Comitato Bari Vecchia Parco Castello