Nell’ambito della quinta edizione della kermesse di Arti Sceniche, Visive e Letterarie “Hermes on Streets Summer’s Festival” – promossa dal 27 maggio al 27 settembre – sabato 2 luglio presso la Locanda al Castello, in piazza Castello a Pulsano, è stata inaugurata, a cura dell’Associazione Culturale Hermes Academy Onlus, in collaborazione con Il Salotto delle Muse – Urban Lab, la personale del fotografo Alfredo De Lucreziis di Crispiano (TA), che, come scrive Luigi Pignatelli, “rappresenta, con grande efficacia e precisione, non la singola sagoma definita dal luogo comune, bensì la quarta dimensione della vita, inscenando coreografie di luci & cromie, effigiando il lieve passo di danza (di due gambe femminili, di due labbra socchiuse, di una palpebra androgina) che permette di saggiare l’infinito.”
La mostra sarà visitabile gratuitamente per tutto il mese di agosto. Per info, contattare il +39 346 6226998.
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A seguire la recensione redatta da Luigi Pignatelli.
L’occhio di Alfredo De Lucreziis (in)discreto scruta l’ignoto, scivola dentro la carne, scava l’anima del soggetto, capovolgendo il (dis)senso dello spazio/tempo e brandendo il grimaldello della tecnica. La sperimentazione gioca a braccio di ferro con la fugacità del tempo, distillando gocce di luce, partorendo poesia visiva, squarciando il velo di Maya. Affascinato dal Creato, Alfredo De Lucreziis ben sa che siamo parte di un tutto. Egli veste il ruolo di Padre di un Mondo che rifiuta i crismi dell’era iper tecnologica.
Dio disse: “Sia luce!” E luce fu. GENESI 1:3 Alfredo vede che è cosa buona e la sceglie come compagna fedele, prolungamento del proprio corpo terreno, strumento indispensabile per le creazioni d’arte del proprio spirito divino. Una delle tecniche che predilige è il light painting, ossia “disegnare con la luce”, che permette di dipingere il soggetto, controllando con maestria una sorgente luminosa “mobile”, proprio come se essa fosse un pennello. Per Alfredo la luce è una colomba, foriera di pace e ispirazione, ancella della fantasia, che libera la realtà estetica dalle catene della visione razionale delle cose. La accoglie nel proprio nido, intrecciato con rametti di pellicola, pixel, fibra di carta fotografica, tela e supporti di ogni genere, scrigni in cui inventare e inventariare arcobaleni di sogni & bisogni e istantanee di un’architettura eretta su un doppio binario ritrattistico & narrativo.
L’artista (di professione project manager in un’industria tarantina, fotografo per passione & vocazione) funamboleggia tra mito & poesia onirica, tra spirituale & carnale, tra onniscienza & immanenza. L’obiettivo di Alfredo scruta l’anima mundi, offrendo allo spettatore, Icaro scalzo dell’epoca riciclata e tecno-ecologica, un déjà vu dal sapore dolceamaro. Fotografo e fruitore rinascono farfalle, tra nuvole ovattate e profumi di zagare in fiore e spiccano il volo, ad occhi chiusi, via dal baricentro forzato, prigione e gravità, per annegare nelle sinfonie del silenzio.
Attraverso l’occhio di Alfredo, l’atomo primordiale, l’uno, l’uomo, il tutto assapora e sintetizza Cielo & Terra, infanzia & maturità, passato & futuro, su coordinate cromatiche saldamente ancorate al tetragono degli elementi. Fuoco, Acqua, Aria e Terra non sono tasselli di un generico mosaico paesaggistico, bensì protagonisti assoluti di piece teatrali inscenate su supporti fotografici. I quattro elementi, soggetti di veri e propri ritratti, si fondono nei chiaroscuri, si definiscono nel gioco di ombre, si ritraggono nella ratio della prospettiva, debordano nello slancio dello zoom.
La vita è nei particolari. Se guardi attentamente da vicino, vedi la bellezza in ogni cosa. Alfredo fotografa, con grande efficacia e precisione, non la singola sagoma definita dal luogo comune, bensì la quarta dimensione della vita, inscenando coreografie di luci & cromie, effigiando il lieve passo di danza (di due gambe femminili, di due labbra socchiuse, di una palpebra androgina, delle acque dell’Adriatico, per fare solo qualche esempio) che permette di saggiare l’infinito.
In foto poliglotte, dal retrogusto a tratti melanconico, custodisce la poesia del volo e il fascino dell’ignoto e dell’indefinito, ponendo in ribalta monologhi interiori smaterializzanti.
Come ho scritto precedentemente in una nota critica su un’opera fotografica di un allievo di Alfredo, Giuliano Doro, “materia & antimateria si incontrano e si scontrano nella giostra delle (dis)illusioni ottiche: fuori di noi, il nulla; dentro di noi, il tutto.”
Significativo il fatto che il Maestro riesca, sempre e per sempre, a trasmigrare la propria passione, il proprio modus operandi, la propria esperienza nell’involucro di carne, acqua e vetro dei propri allievi, capaci di attingere, assorbire, carpire da lui tecnica, ispirazione e stimoli, per poi generare un mondo & un modo di fare arte parallelo, differente per gusti e per scelta, ma fedele all’archetipo, nell’impegno, nella professionalità e nel rispetto che si deve alla Musa.
Ogni singolo scatto fotografico provoca (nel fotografo e in noi) un nuovo big bang, che scompone e decompone la realtà preesistente, vela e rivela le ferite sottaciute di Adamo e di Eva (di quest’ultima soprattutto), confonde e diffonde Aria, Acqua, Terra e Fuoco.
Eros & Thanatos, Amore & Morte, caducità del tempo & immortalità dell’anima: pilastri di una cattedrale di luci & ombre, proporzioni & tagli, inquadrature & prospettive, in cui antropologia, antroposofia, psicologia, filosofia, sociologia, teologia si espandono e si mescolano, nel magma dell’esistenza umana.
Si può fotografare qualcosa che non si ama? Alfredo rivolge la propria attenzione soprattutto verso la Donna, sposandone la dolcezza dell’epidermide, assaggiandone il sapore dolceamaro delle labbra, celebrandone la solennità delle recondite cicatrici.
L’amore non ha età, non ha estetica. Artista & Modella si osservano, si sorreggono, si desiderano. L’animo femminile conserva il proprio pudore e si lascia abbracciare, indagare, proteggere dalla sincerità e dal vigore della (co)scienza maschile.
In un’epoca in cui la tecnologia ha reso schiave le Muse, la bocca fagocita aria, l’anima si espande e il corpo si riempie dei suoi vuoti. L’acqua avanza e indietreggia nel gioco di maree, soggiogando la gravità nella tana inviolata di Eva ferita, logorando pietre vergini. L’acre odore della terra invade la contrada del passato e il supporto fotografico custodisce i ricordi, amaca per cavallette satolle di ogni minuscolo frammento sopravvissuto alla diaspora. Anche se la tecnologia brontola, formulando pensieri spenti, il sacro fuoco (dell’arte, della passione, della vita) non cede ai ricatti e, strane categorie d’intelletto, dietro l’obiettivo, ascoltano il silenzio, inventano pure alchimie, dipingono accenni di verità.
In questo mondo colpevole che solo compra e disprezza, il più colpevole sono io… inaridito dall’amarezza. Pier Paolo Pasolini
Tra la corretta fascia sociale sono io l’Errore? La pelle fa bella mostra di sé, con quadro a parete. L’armadio non tollera specchi. Il corpo nudo cela le cicatrici dell’anima indisponibile alla resa. Nel respiro primordiale, un nuovo vagito recupera i tempi supplementari che il genere umano tenta di giocare, alla ricerca del risultato probabile. L’occhio (il terzo occhio, l’occhio sacro, l’occhio onniveggente, simbolo della divinità e della spiritualità) distilla gocce di silenzi. Il pianto genera schianto, e-s-p-i-a-n-t-o, espiazione, Vuoto.
Ognuno di noi ha la propria croce/delizia, codice attraverso il quale lo sguardo, il corpo, l’anima fendono la realtà comunemente definita e incontrano il divino, l’universale, il Tutto.
Alfredo De Lucreziis sconquassa e risolve l’armonia dell’anima mundi e, dal grembo del cielo, postula nuove teorie, spalancando le porte di universi paralleli.
E mentre lo scrivente si convince sempre più della scientificità della teoria delle stringhe, l’animo di Eva, ritratto con virile risolutezza, sembra dichiarare: “Da ogni stanco & freddo velo tu, Alfredo, mi spogli e l’anima mia leggi senza pudore/timore.”
Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. GENESI 1:31
Alfredo, Artista con la A maiuscola, partorisce, custodisce, contempla l’alfa & l’omega, la vita & la morte, il bene & il male, racchiusi in un’opera fotografica, emblema dell’utero primordiale. L’Artista celebra l’Uomo & la Donna, la Flora & la Fauna, il Paradiso & gli Inferi, il Nulla & il Tutto: sinergie di intenti o sinestesie di opposti?
Aria, acqua e terra invadono, spogliano, purificano i cinque sensi, vittime e carnefici del magma incandescente, fuoco ancestrale insito nell’anima mundi.
Il cristallo della gioia, svelato ai profani, smarrisce la propria luce.
Di fronte ad un’opera fotografica del maestro Alfredo De Lucreziis, ascolto la voce di Adamo & Eva, mastico & ingoio il dolceamaro della quotidianità, mi nutro dell’odore della madre Gea, tocco la materia di cui sono fatti i sogni (Shakespeare docet), vedo il divino, l’origine di tutte le cose. E mi interrogo.
Null’altro da aggiungere, null’altro da spiegare.
Mi guardo dentro. Dentro ai nostri corpi dimora l’infinito.
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