di Nicola Lofoco
Era la lontana primavera del 2003 quando le bandiere della pace invadevano strade, balconi e piazze con i loro vivaci colori. Era quella una primavera molto turbolenta, perché si parlava con insistenza di un intervento militare contro l’Iraq guidato allora da, etichettato da sempre come uno dei più feroci tiranni del medio oriente. Quell’intervento militare, voluto e deciso unilateralmente dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna ci fu ed il regime di Saddam venne spodestato con la promessa di fare dell’Iraq una “grande democrazia”.
L’emblema di tutto questo era rappresentato dalla caduta dell’enorme statua del dittatoresituata nel centro di Baghdad. Le immagini del suo abbattimento fecero il giro del mondo e, per chi le guardava, gli americani, che avevano voluto fortemente quella guerra, erano rappresentati come i liberatori di una terra sino ad allora senza pace e senza libertà. George Bush, allora presidente Usa, pur non avendo il consenso del consiglio di sicurezza dell’Onu disse che era arrivato il momento di “liberare del terrore il popolo iracheno“. Saddam venne catturato nel pressi di Tikrit, la sua città natale, per poi essere giustiziato mediante impiccagione il 30 dicembre 2006. La fine di un regime che doveva garantire pace e libertà per tutti gli iracheni. Ma i veri risultati di quella sciagurata guerra sono sotto gli occhi di tutti.
Dal 1 Maggio 2003, giorno in cui George Bush proclamò la fine delle ostilità con l’Iraq, di pace e di libertà la terra di Babilonia ne ha vista veramente poca. Le prime vere immagini di quella fantomatica quanto inesistente libertà furono quelle della prigione di Abu Ghraib dove le torture erano il pane quotidiano offerto dai militari americani ai detenuti iracheni. E siamo andati avanti in questi anni leggendo sui giornali o vedendo in Tv il vero futuro dell’Iraq: una guerra continua. Attentati e rese dei conti tra sunniti e sciiti sono all’ordine del giorno, tanto che la morte di civili iracheni non fa neanche più notizia.
Il governo attuale guidato da Nuri Al Maliki non sembra oggi essere in grado di poter affrontare la peggiore minaccia che il paese si trova davanti dopo l’uscita di scena di Saddam: l’avanzata sempre forte e preponderante su tutto il territorio dell’ISIL, meglio conosciuto come gruppo dello “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” comandati da Abu Bakr Al Baghdadi. L’ISIL è un gruppo legato al fondamentalismo islamico, ben organizzato e che attualmente combatte anche in Siria. Un’avanzata che neanche l’esercito nazionale riesce (almeno per ora) a fronteggiare.
Siamo quindi difronte all’ennesima tragedia che colpisce duramente tutti gli iracheni, dopo la guerra contro l’Iran, il conflitto del golfo del 1991, l’embargo durato per ben 12 anni che ha stremato la popolazione e la guerra del 2003 contro Usa e Gran Bretagna. Senza aggiungere lemigliaia di civili innocenti che hanno perso la vita in molti attentati negli ultimi 11 anni. Non sappiamo ora quali altre sofferenze o periodi oscuri la storia riserverà a questo bellissimo paese in rovina. Per ora possiamo solo renderci conto ed affermare con chiarezza che il progetto politico di George Bush del 2003 è totalmente fallito. La democrazia imposta con le bombe è stata solo una mera illusione