Ester Lucchese
Il nome presepe deriva dal latino praesaepes che letteralmente vuol dire “dinnanzi il recinto”. L’allestimento del piccolo scenario che riproduce la natività di Gesù da lungo tempo diviene il pretesto per accogliere simbolicamente Gesù Bambino così come viene narrato nel Vangelo di Luca e di Matteo.
Abbiamo testimonianza della realizzazione di un primo presepe vivente al tempo in cui visse San Francesco, presso Greccio in provincia di Rieti, nel 1223.
Il Poverello d’Assisi in occasione della crociata in Oriente, avendo visitato i luoghi santi in cui era nato Gesù, al ritorno, su approvazione di papa Onorio III, volle riprodurre fedelmente un presepe naturale” coinvolgendo il popolo nella rievocazione” Sembra che per miracolo nella mangiatoia apparve un bellissimo bambino addormentato che il Santo accolse abbracciandolo. Si sparse la prodigiosa notizia ovunque e da quel momento si diffuse l’usanza di ricostruire artificialmente la natività nelle dimore private e pubbliche, così come nei luoghi di culto. Si ebbe inoltre la possibilità di poterlo rappresentare mediante affreschi, pitture, sculture e ceramiche. I materiali più semplici quale legno, terracotta e cartapesta ebbero la loro diffusione a partire dall’età in cui regnò Carlo III nel Regno di Napoli.
“I baluardi delle costruzioni dei presepi in Europa divennero l’ Italia, la Spagna, il Porrtogallo ed il sud della Francia; nell’Europa dell’ Est la Polonia, la Repubblica Ceca e la Slovecchia in centro Europa soprattutto l’Austria ed il Sud della Germania”.
Il simbolismo è la caratteristica di questa rappresentazione pertanto ogni elemento ha un preciso significato. Il presepe, può essere visto come il proprio cuore o meglio l’animo di ogni cristiano e bisogna pertanto allestirlo per accogliere Gesù Bambino.
L’Avvento rappresenta, dunque, quell’anelito a prepararsi adeguatamente alla manifestazione del Signore. Bisogna per questo far risvegliare dentro se stessi la straordinaria certezza di una rinascita in quanto in occasione di ogni Natale è come se rinnovassimo l’impegno di camminare seguendo le orme di Colui che ha dato la speranza al genere umano. L’unica certezza che abbiamo è che Dio si è manifestato all’inizio dei tempi ma si manifesterà anche alla fine dei tempi. Vivere cristianamente è possibile se mettiamo in pratica ciò che Gesù Cristo ha cercato di esprimere con la sua stessa vita, ossia che Dio è amore e che “amare il proprio prossimo equivale ad amare se stessi”.
L’amore cristiano è scambievole e ci porta a ridimensionare le nostre esigenze corporali per riempirle di carità fraterna ed è l’unica espressione tangibile di un sentimento che ci fa essere protesi nei confronti della socievolezza. Il dono dell’amore è una reciproca dimostrazione di affetto che fa bene a chi lo dà ed a chi lo riceve. Gesti, espressioni, parole, tutto deve concorrere alla dimensione più autentica di noi stessi, quella che ci spinge ad andare al di là di noi stessi che ci fa mettere da parte inutili rancori, vuote pretese, egoistici interessi, per volgere la propria azione alla straordinaria vita improntata a Cristo, per cui come ci suggerisce San Paolo possiamo dire di non ESSERE NOI CHE VIVIAMO MA È LUI CHE VIVE IN NOI. Staremo in pace con noi stessi e con gli altri quando avremo fatto tutto secondo coscienza “ custodendo, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ci è stato affidato”: la FEDE che abbiamo nell’animo.
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