Di Enzo Carrozzini
La procura di Taranto conclude le indagini nell’ambito dell’inchiesta “ambiente svenduto” per il disastro ambientale del Suderurgico Ilva, notificando 53 avvisi di garanzia a proprietari e manager, funzionari regionali e politici locali.
Le ipotesi di reato contestate spaziano dall’associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla diffusione nell’ambiente di sostanze inquinanti con violazione delle Leggi di tutela ambientale.
Ai vertici aziendali, Emilio Riva con i figli Nicola e Fabio, proprietari del siderurgico,già raggiunti nei mesi precedenti da misure cautelari, si aggiungono l’ex direttore dello stabilimento tarantino Luigi Capogrosso, e il già responsabile delle relazioni istituzionali Gerolamo Archinà. Fa scalpore la ipotesi di reato di concussione per il quale risulta destinatario dell’avviso Il Presidente della Regione, Nichi Vendola. Secondo le indagini svolte dalla Guardia di Finanza, Vendola avrebbe effettuato pressioni sui vertici dell’Agenzia Regionale per l’ambiente (Arpa Puglia), per “alleggerire” le posizioni da adottare sulle emissioni mefitiche prodotte dall’impianto siderurgico. La storia risale al 2010, allorquando
Il professor Giorgio Assennato, direttore di Arpa Puglia, e i suoi funzionari Blonda e Giua, in considerazione dell’elevata presenza di Benzoapirene contenuto nelle rilevazioni eseguite sulla qualità dell’aria del capoluogo ionico, avevano proposto delle limitazioni e prescrizioni nel ciclo produttivo dell’acciaio che, di fatto, non furono recepite per le presunte pressioni operate dal Governatore, che avrebbe prospettato ad Assennato il mancato rinnovo dell’incarico in caso di inadempimento ai suoi desiderata. Vendola, in tal modo, avrebbe concorso ad alleggerire le “prescrizioni” Arpa, consentendo all’ Ilva di produrre alle medesime condizioni e senza ridurre la portata micidiale delle emissioni inquinanti. Assieme al governatore risultano indagati l’assessore all’ambiente Lorenzo Nicastro, il deputato ,già assessore regionale, Nicola Fratoianni, il consigliere regionale Donato Pentassuglia, i dirigenti regionali Antonicelli , Manna e Pellegrino, il legale del gruppo industriale Francesco Perli, lo stesso professor Assennato, con il direttore scientifico Arpa, Blonda. L’indagine che, ricordiamo, era stata prorogata di 6 mesi, coinvolge anche il Sindaco di Taranto, Ezio Stefano, con l’accusa di non aver esercitato il ruolo di massima autorità sanitaria cittadina.
Stefano ha manifestato tutta la sua amarezza per l’epilogo delle indagini, e ha dichiarato che produrrà in sede di dibattimento tutti i documenti e ordinanze testimonianti il suo impegno contro l’inquinamento.
Grande turbamento ha espresso il Governatore pugliese, che ha ribadito “Fiducia nella giustizia e piena coscienza di aver operato per il bene di Taranto”, svolgendo la cronistoria di come per mezzo del suo Governo la Puglia abbia intrapreso una seria battaglia contro l’inquinamento introducendo per primi in Italia la Legge anti diossina.
In conclusione della conferenza stampa seguita all’informazione di garanzia ricevuta, Nichi Vendola ha dichiarato:
“Sono convinto per la stima che nutro nei confronti della magistratura del capoluogo ionico, che non sarà difficile per noi e per me poter dimostrare che nel contrasto con ogni fenomeno di illegalità, la mia Amministrazione si è comportata senza ombre. La verità storica verrà presto ripristinata: se avessi operato piegando la mia coscienza sarei in grado di infliggere a me stesso la più dura delle pene”.