di Paola Bozzani
La storia racconta di una controversia tra la città di Bari e la famiglia Zeuli che
era da poco entrata in possesso del palazzo oggi conosciuto con il nome della famiglia. Gli Zeuli volevano che il cortile racchiuso tra i palazzi da loro acquistati fosse dichiarato di loro esclusiva proprietà e la città di Bari sosteneva invece che si trattasse di strada pubblica. La famiglia dopo aver esperito diversi gradi di giudizio accondiscese ad un accordo, ottenendo alla fine ciò che più gli aggradava e dichiarando al contrario di voler fare in questo modo un favore alla città. Il fatto è emblematico dell’agire dei potenti ieri come oggi. L’accordo raggiunto ha permesso, in ogni caso, l’utilizzo successivo del portone di “Iss e tras” come essenziale passaggio di transito nella città vecchia.
Sfogliando il protocollo notarile del notaio Nicola De Rella Ramires dell’anno 1777 ci si imbatte in documenti dal contenuto abbastanza inconsueto. Alla carta n. 4 si trova l’attestato di Cosmo Piscopo, lacchè (cocchiere in livrea) dei signori Sagarriga. Nell’attestato Cosmo dichiara che i signori Sagarriga, abitavano il palazzo che “mesi sono gli illustri signori fratelli de Zeuli han comprato dall’illustre signor Francesco Saverio Caggiani e dott. Don Francesco Saverio e don Giorgio Esperti, zio e nipoti rispettivamente della città di Barletta, sito detto palazzo in questa città alla strada dell’abolito collegio, detta prima di S. Todero, o sia Teodoro, quale tiene il suo cortile con due portoni”.
Il lacchè continua il suo racconto affermando che lui ogni sera chiudeva i due portoni di legno posti ai due lati della corte, l’uno di fronte all’altro, ed una volta addirittura il portone più piccolo era restato chiuso per due giorni perché sotto il voltone erano state accatastate le botti di vino vuote. Solo più recentemente il portone dell’ingresso più piccolo era stato tolto del tutto perché molto rovinato.
Nelle carte successive un’altra dichiarazione, del 1 maggio dello stesso 1777, di un altro personaggio dell’epoca, Nicola Mazzei, esattore in Bari degli affitti e rendite dell’illustre signor don Francesco Saverio e don Giorgio Esperti, nobili della città di Barletta.
Egli dichiarava che nell’anno 1774 nel “palazzo grande di detti signori Esperti sito nella strada di questa Real Chiesa di educazione che mesi sono fu comprato dall’illustre signor don Giuseppe e fratelli de Zeuli, nobili extrasedile della città di Napoli, occorse farsi una nuova selciata” e la fecero realizzare dal muratore Giovanni del fu Giuseppe Colella per la somma di 12 ducati, grana 48 e ¾.
Il Mazzei dichiara inoltre che la corte (cortile) era chiusa da due portoni.
Il 21 agosto dello stesso anno è la volta del sacerdote e canonico Gaetano Angiolla, Il sacerdote si reca dallo stesso notaio anche lui a dichiarare che il portone grande aveva ancora le porte serrate e che le porte del portone piccolo erano state tolte perché cadenti, ma prima i due portoni, venivano chiusi ogni sera.
L’arcano è stato svelato quando due amiche e colleghe, recatesi a Napoli per un’altra ricerca, hanno trovato per caso un “memoriale”, del 14 agosto 1782, presentato dalla famiglia Zeuli al tribunale della Real Camera di Santa Chiara a Napoli in cui si parla della controversia tra fratelli Zeuli e l’Università (così si chiamava a quell’epoca il Comune) di Bari.
Infatti, avendo la famiglia Zeuli comprato un intero comprensorio costituito da 7 palazzi intorno e nel vicinato della corte, volevano che questa fosse dichiarata di loro esclusiva proprietà e per questo avevano intentato causa alla città di Bari che sosteneva che tutti potevano entrare e uscire dai portoni trattandosi di strada pubblica. Giunto il processo in appello a Napoli, poiché l’Università non aveva più soldi per proseguire la causa e gli Zeuli avevano urgenza di restaurare i palazzi, i fratelli avevano “risoluto di volersi quietare con detta città e per farle cosa grata e vantaggiosa si contentavano (doc: sono contentati) di accordarsi alcune azioni di passaggio” così dalla corte sarebbero potuti passare solo i nobili che avevano il permesso e i carri dei contadini non avrebbero disturbato all’alba il sonno dei signori.
Il protocollo notarile dell’anno 1777 del notaio Nicola De Rella Ramires di Bari, in cui sono contenuti i documenti citati, è conservato presso l’Archivio di Stato di Bari.
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