Nonostante la presenza numerosa di tutte quelle risorse che incentivano lo sviluppo progressivo e sostenibile di un’economia regionale che si basi sulla valorizzazione delle risorse naturali, artistiche, storiche ed umane, rimaniamo irrimediabilmente legati alla mala politica( quella degli anni ’60 a Taranto, per intenderci) che credendo di risolvere il problema occupazionale nelle nostre terre in realtà, con l’impianto del sistema siderurgico, pregiudicò la generazione futura. Là dove sorse l’ Italsider vi era un’immenso uliveto e nei paraggi era sorto un quartiere dove non vi era la benché minima “decenza urbanistica, non un filo d’erba, una piazza ed un’area pedonale”
Il siderurgico ha portato lavoro indubbiamente, ma ha sottratto e pregiudicato la sostenibilità dell’ambiente circostante, deturpando la bellezza del paesaggio ed arrecando un danno ambientale fra i più rilevanti d’Europa per gli elevati tassi di inquinamento.
Colei che un tempo era stata la capitale della Magna Grecia ed aveva dato nomi illustri alla cittadina dei due mari con quel Castello Aragonese ed il caratteristico ponte di collegamento col borgo antico, divenne il IV stabilimento più grande europeo per la produzione d’acciaio.
Giuseppe Saragat il 10 aprile 1965, in occasione dell’inaugurazione dello stabilimento disse queste testuali parole: “Lo Stato ha seriamente coscienza della realtà meridionale e si adopera per mutarla”. Antonio Cederna, giornalista, ambientalista, politico ed intellettuale disse in due suoi articoli pubblicati su di una nota testata giornalistica “l’Italsider tende ad imporre il proprio interesse aziendale, considerando la città e i suoi duecentomila abitanti come un semplice serbatoio di mano d’opera, trascurando ogni altra esigenza dello sviluppo civile e del progresso sociale”. Inoltre scrisse: “un’impresa a partecipazione statale, con un investimento di quasi duemila miliardi, non ha ancora pensato alle elementari opere di difesa contro l’inquinamento e non ha nemmeno piantato un albero a difesa dei poveri abitanti dei quartieri popolari sottovento”.
I fattori ambientali, traino per il rilancio di un patrimonio ambientale e storico-artistico, furono irrimediabilmente sacrificati pur sapendo che l’incentivazione del turismo avrebbe garantito posti di lavoro per la gente del posto con la creazione di strutture ricettive, cooperative o associazioni del settore e nel commercio.
Quell’area di Taranto, a pochi chilometri di distanza, riusciva ad accogliere aziende agricole tipiche del sistema curtense, vedi Massafra, dove sono presenti insediamenti rupestri, ossia quelle abitazioni in grotta, o meglio complessi abitativi, santuari, chiese, arricchiti internamente con corredi pittorici di origini bizantine.
Una città ricca di storia, cultura, tradizione e folklore avrebbe dovuto incentivare iniziative rivolte ad uno sviluppo eco-compatibile per il recupero del territorio ed il rilancio dell’economia!
Spostandoci più a nord della Regione Puglia ci sorprende constatare che vi è un tessuto che costituisce un iter turistico unitario in cui si dà spazio alla riscoperta di quel vivere la natura dei parchi e delle aree protette, fra la fauna e la flora incontaminati, e la possibilità di visitare beni culturali ed artistici. Una bella scoperta è stata di recente un’immensa area boschiva!
Nei lontani anni ‘20 nella provincia di Bari per far fronte al rilevante problema delle alluvioni che misero in ginocchio la cittadina, esattamente nel 1926, si pensò bene di utilizzare l’area della Murgia per il rimboscamento di quella che sarebbe diventatala Foresta Mercadante, un vero e proprio polmone naturale.
Un’estensione boschiva davvero notevole, un luogo dove poter respirare aria pura e profumata rinnovata continuamente dalla rigogliosa vegetazione. La pineta è ricca di pini e di querce ed i cipressi che si ergono, come guglie, fino al cielo sono una vera e propria opera d’arte naturale. Oltre ad esserci aree spaziose per effettuare il pic nic con strutture lignee, formate da tavole rettangolari e panche in pietra, ci sono dei bar e dei luoghi dove potersi ristorare nel caso si fosse stati sprovvisti degli alimenti.
Il percorso in cui c’è la possibilità di praticare attività ginniche all’aperto può essere definito una palestra all’aperto in un ambiente sano e naturale.
Altrettanto utile si presenta la località denominata Bosco delle Pianelle, nella zona delle Murge sud- orientali, essa è una riserva naturale, nel passato luogo utilizzato dai briganti per nascondersi, oggi un considerevole habitat naturale per volatili, rettili ed alberi caratteristici( come il leccio) dell’ambiente mediterraneo, dove domina il profumo intenso del sottobosco.
Un’altra testimonianza di quest’opera di bonifica agraria sono stati i trulli, strutture edilizie più tipiche della Murgia di quest’ultimo versante, emergenze architettoniche d’inestimabile valore paesaggistico della Valle d’ Itria.
Le masserie invece sono state delle vere e proprie aziende agricole destinate a “seminativo ed a giardino” Alcune di esse nel corso degli anni sono state abbandonate, altre ancora sono state trasformate in veri e propri luoghi di ricezione turistica per essere diventati dei sontuosi luoghi di ristoro, nonché strutture ideali per acquistare degli ottimi prodotti tipici e biologici come pasta, vino, formaggi ed olio.
I muretti “a secco” sono una delle componenti più suggestive del paesaggio agrario di tuttala Murgia.
Le “fogge” invece sono antiche cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, poste lungo i percorsi principali di transumanza, “ nelle vicinanze delle antiche vie erbose di abbeveraggio nei pressi di aree a pascolo, hanno una ricchezza di forme che sono la conseguenza plurisecolare di un’eccezionale sensibilità a sfruttare le caratteristiche naturali, geomorfologiche in primo luogo, per piegarle alle differenti esigenze e necessità della vita quotidiana”.
A questo punto perché non ricordare quell’area boscata del Bosco Chiaggione nella località balneare di Pulsano, situato nella parte salentina della provincia di Taranto? Un tempo questa zona rappresentava un fiore all’occhiello della nostra marina, ricca di vegetazione e tra le aree naturalistiche più importanti e di pregio di tutto il litorale jonico-salentino. Il 25 giugno del2001, a causa di un incendio devastante, 13 mila alberi andarono distrutti. Scolpite rimangono le immagini delle fiamme che nell’arco temporale di pochi minuti divorarono quel polmone verde che ha segnato l’immaginario di intere generazioni.
L’intero settore turistico della cittadina fu selvaggiamente colpito e con esso uno dei luoghi più belli della nostra costa. Ancora oggi non si fa luce sulla verità anche se l’avvenimento all’epoca fece tanto discutere. Il luogo attualmente è in uno stato di degrado anche se qualche arbusto costituisce un’ esile traccia di un verde che prima ossigenava, abbelliva , infoltiva ed arricchiva la vista di chi trovava ristoro in una bellezza incontaminata.
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