di Lorenzo Sermon
23 Maggio 1992, ore 17:58 al km 5 della A29 nei pressi dello svincolo Capaci- Isola delle Femmine, 5 quintali di tritolo nascosti sotto il manto stradale vengono fatti esplodere spegnendo le vite di Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta: Schifani, Montinaro e Di Cillo. A premere il pulsante del telecomando è stato Giovanni Brusca, sicario incaricato da Totò Riina. Ma chi era Giovanni Falcone? Lui era un magistrato,che è passato alla storia per la sua estenuante lotta alla mafia, un eroe che ha fatto moltissimo per la giustizia. I miei genitori e i miei nonni mi hanno raccontato spesso di lui, quasi come se fosse un familiare o un amico. Falcone insieme a Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guamotta erano il cuore di un grande pool antimafia. I quattro magistrati erano molto amici ed inseguivano un unico sogno: liberare la Sicilia e, quindi l’Italia, dalla mafia. I successi sono stati molteplici ma, evidentemente, qualcosa è andato storto. Una frase di Falcone mi ha colpito: “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno”. Chi ha lasciato solo Falcone? Io non ho risposte ma tante, tante domande! Falcone era, è e sarà un esempio di coraggio!
Concludo dando voce proprio a lui con una delle sue frasi più famose: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. E allora non rinunciamo a camminare!
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