Di Serena Verga
«E se il destino avverso mi terrà lontano, allora cercherò le dolci acque del Galeso caro alle pecore avvolte nelle pelli, e gli ubertosi campi che un dì furono di Falanto lo Spartano. Quell’angolo di mondo più d’ogni altro m’allieta» Quinto Orazio Flacco – A Settimio – Odi, II, 6, 10.
Circa cinque mesi fa, 30 artisti tarantini, supportati da un équipe di professionisti (compositori, arrangiatori, attori, registi, fotografi, grafici) e studi professionali che hanno prestato la loro opera gratuitamente, hanno dato vita ad un videoclip musicale per una campagna di sensibilizzazione sul problema Ilva che interessa l’intero territorio nazionale. Sia il brano che il relativo video sono stati divulgati dagli inizi di novembre 2012 in forma assolutamente gratuita. Non c’è alcuna speculazione su tutto questo, non c’è alcun fine di autopromozione. Questa brillante iniziativa ha attraversato tutto lo stivale lasciando un segno nelle principali città italiane, ma è riuscita anche a superare i confini nazionali sino a toccare l’Argentina, il Cile, l’Olanda, il Messico, il Belgio, il Canada, … perché sono tanti i tarantini sparsi per il mondo. Sulla pagina ufficiale del progetto AUT (Artisti Uniti per Taranto) si possono visualizzare foto provenienti da varie zone del mondo, dove i tarantini stringono tra le mani un cartellone con su scritto a caratteri cubitali “Taranto libera”.
E’ un urlo misto di gioia e dolore, un urlo che nasconde la voglia di ripartire da zero e di volare ad alta quota. Un urlo giovane di chi vuole credere nel proprio futuro e in quello dei suoi figli. Ognuno di noi dovrebbe tuffarsi nelle note di questa canzone, immergersi nelle parole del testo, nelle immagini, e riflettere. Morire lavorando o morire di fame senza lavorare? Siamo arrivati addirittura a dover scegliere tra vita e morte o ancora a rassegnarci a vivere male, accontentandoci? E dov’è la qualità della vita?
Taranto non è solo l’Ilva, è tanto altro, ma si sta rischiando di dimenticare il suo valore, la sua storia, la sua cultura, la sua bellezza. E i giovani tarantini scelgono la musica per scuotere gli animi, per raccontare le loro paure, per gridare il loro sconforto. Sognando la rinascita della Città dei Due Mari.
La Città veste ora di un abito scuro, color grigio fumo, non affatto elegante, ma triste. Sovrastata da quelle torri zebrate, bianche e rosse, che rovinano il paesaggio e annebbiano animi e polmoni. Quel mostro mangia uomini potesse scomparire in un soffio di vento … ma non basta! Ci vuole molto di più per ridare colore e vita ad una Taranto macchiata di un inchiostro nero indelebile.
Taranto non si ferma, canta pure ‘a bocca chiusa’!
? ? “ … libera Taranto, la speranza rinasce dal cielo, respiriamo il profumo di un nuovo futuro. Libera Taranto … ” ? ?
Per chi volesse tenersi sempre aggiornato sulle iniziative del progetto AUT:
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