Di Ester Lucchese
Masal Pas Bagdad racconta la sua storia lasciando intravedere tutto ciò che la compone. La sua vita è un tassello di quel gigantesco mosaico che è stato, è, e sarà l’ebraismo considerato da Stefen Zweig una tecnica di sopravvivenza in posti diversi. La piccola Tune, soprannominata eikhah, che vuol dire colei che piange, era il nome originario della scrittrice arabo-israeliana, nata nel ghetto di Damasco in Siria nel giorno in cui si ricorda la distruzione del tempio di Gerusalemme, Beth ha-mikdash. Nell’opera “ A piedi scalzi nel Kibbutz” la scrittrice ripercorre magnificamente l’amore, la speranza che la salverà dal suo destino, le fatiche della sua famiglia, i successi della sua vita. L’infanzia nel ghetto di Damasco, Haret il Yeud, era caratterizzata da esperienze ludiche semplici e dalle consolidate tradizioni di un ambiente compatto e rassicurante in cui si seguivano scrupolosamente i precetti dell’ebraismo.
La madre riusciva a trasmetterle una grande serenità per la semplicità delle sue azioni e dei suoi pensieri, per la determinazione con la quale ai figli aveva trasmesso le norme religiose ed alimentari. Mia madre era capace– riferisce la scrittrice- di dare un significato profondo a tutto quello che mi accadeva intorno. Sua madre traeva da suo padre stimoli opposti a quelli che le venivano dal marito. Quest’ultimo era colui che le aveva permesso di avere dei figli, un istintivo, un uomo con esigenze da soddisfare piuttosto che un compagno con il quale condividere sentimenti importanti. Il passaggio della crescita individuale, nella comunità ebraica, era sentito profondamente e l’autrice ci presenta tanti flash di quei momenti. Lo shabbat, il sabato, descritto abilmente, rappresentava l’appuntamento con la “regina”, era il momento in cui ci si purificava dentro e fuori. La tradizione ebraica riportava tutti a una storia lunga seimila anni, ancora viva negli animi con spiritualità immutati.
I discendenti di David erano stati accolti, in un primo tempo civilmente, dagli arabi siriani anche se a causa del fanatismo negli anni ’43-’45, molti giovani ebrei dovettero fuggire verso la Terra Promessa. Il viaggio illegale delle organizzazioni clandestine in Palestina avveniva in gran segreto e all’improvviso, bisognava salvarsi e fuggire. Il Kibbutz accoglieva i profughi ebrei che passavano illegalmente il confine a Nord del Paese ed erano per lo più siriani. Masal, il suo nuovo nome ebraico, aveva 6 anni e parlava inizialmente l’arabo nel kibbutz israeliano. Il cambiamento del nome esprimeva l’affermazione di una nuova identità. Col passare del tempo la bambina e poi l’adolescente riuscirà ad accettare il distacco dai suoi cari e ad incanalare i suoi interessi nell’universo dei bambini, prestando servizio negli asili israeliani. Non appena ebbe conclusa la scuola superiore si arruolò nell’esercito d’ Israele. Di lì a poco tempo si innamorò di un giovane italiano di origini ebraiche il quale più tardi le chiederà di sposarlo. Una volta a Milano negli anni di intenso fermento politico, intellettuale e culturale, sarà vicina a psicanalisti e psichiatri affermati i quali erano a favore di terapie fondate sull’ascolto più che sull’uso esclusivo degli psicofarmaci. Come psicologa dell’infanzia l’autrice ha sempre sostenuto che i bambini sono i suoi migliori allievi . Lo studio continuo e la ricerca di un senso per Masal hanno fatto crescere la pianta originaria insita in lei.. Ella ringrazia la madre per l’eredità ricevuta, cioè, il fatto di avere la capacità di superare le difficoltà ed il fatto di voler rendere fertile il proprio lavoro. La fluidità dei pensieri, raccontati con la compostezza di un linguaggio fluente, impreziosisce il racconto della sua vita che si lascia leggere d’un fiato. Le fotografie dei suoi momenti più significativi la ritraggono bambina, adolescente e donna. Le consuetudini ebraiche riprese nelle immagini, inserite nella parte centrale del testo, rendono palpitante il racconto introspettivo e descrittivo. Sua figlia Yael, suo figlio David , suo nipote Elia rappresentano oggi la continuità della sua ricca storia che sprigiona bellezza ed allegria, perchè piacevolmente la fanno ritornare nel tempo dell’animo fra i tanti ricordi, orchestrati e scritti armonicamente, in cui non c’è differenza fra passato e presente.
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