Di Enzo Carrozzini
Al riparo dei sicuri tinelli di casa che nel nostro immaginario rappresentano le redazioni di grandi quotidiani con cui vorremmo collaborare, sottoponiamo a frenetica attività i polpastrelli delle dita, nel tentativo di dare un senso compiuto ai pensieri. Poi pensiamo a grandi giornalisti griffati che, spesso e volentieri, usano la loro professione per compiacere il potente di turno, e propalando sciocchezze sesquipedali, gabbandole per diritto di cronaca e immolandosi a vittime sacrificali della libertà di informazione a un tanto a rigo. Ma chi ha della professione giornalistica un idea etica non può non
correre col pensiero a giovani free lance, ai reporter di guerra, o in luoghi in cui le fibrillazioni politiche o etniche facilmente sconfinano in guerra civile.
Spesso scorriamo nella memoria serie di nomi, i cui volti difficilmente riusciamo ad associare, per il fatto che passati per qualche fotogramma in tv, dopo aver registrato la commozione per l’ennesimo tributo di sangue, donato da questi “ricercatori sani” di verità, tutto ritorna nel dimenticatoio
di una routine svagata e inconsapevole, perché “tanto il mondo continua”, “o perché se la sono cercata” …..
Giornalisti caduti per mano mafiosa come : Mauro de Mauro, Pippo Fava, il giovanissimo pubblicista Giancarlo Siani, Peppino Impastato, Mauro Rostagno, Beppe Alfano, o reporter di guerra Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli, Vittorio Arrigoni.
Tutti emuli Primo Levi, il primo esempio di cronista a presa diretta, protagonista sulla propria pelle, delle atrocità subite nei campi di concentramento nazista durante la seconda guerra mondiale, e di qui associare il suo ricordo ad Anna è conseguenziale….
Anna Politkovskaia era una giornalista russa della “Novaia Gazeta”, è morta assassinata a Mosca sull’androne del portone di casa il 7 Ottobre 2006. Mandanti e assassini sono avvolti ancora nel mistero….
“Un colpo grave per il giornalismo democratico e indipendente” ebbe a dichiarare Mikail Gorbaciov . Giornalista coraggiosa,
seguì “l’operazione antiterrorismo” (Putin Dixit)
in Cecenia, riportando fedelmente, indipendentemente e senza alcun timore riverenziale nei riguardi del potere centrale, le atrocità commesse dalle truppe russe. Ha pagato con la vita il fatto di essere stata una spina nel fianco della società russa per i suoi reportage, accusandola di essere scientemente colpevole che in Cecenia fosse in atto un operazione di “pulizia etnica”. Nel suo libro “Cecenia” (Fandango libri) raccoglie tra gli altri la testimonianza di un giovane militare: “… tutti quelli che vivono qui sanno che non possiamo niente contro di loro, solo ucciderli, umiliarli schiacciarli”.
Abbiamo il dovere di ricordare, sempre, perché le notizie passano, perdono di intensità, cadono nell’oblio.
Ad Anna, a tutti i reporter dai nomi sconosciuti ma dalla cui esperienza ci è stato concesso di comprendere le “cose della vita”, dobbiamo grazie, a loro sono dedicati i nostri tentativi di essere meno superficiali, fatui, inani.
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