Di Salvatore Stano
La scoperta italiana attribuisce ai flavonoli la capacità di migliorare le capacità cognitive. Cacao meravigliao cantavano Renzo Arbore e la sua band nella trasmissione televisiva “Indietro tutta”. “Lo sponsorao della nostra trasmissao” altro non era che uno sponsor immaginario diventato tanto popolare che, pur non esistendo affatto, nel periodo di messa in onda della trasmissione veniva spesso cercato dai clienti all’interno di negozi e supermercati. Oggi non c’è più bisogno di un “lancio pubblicitario” per indirizzare i clienti all’interno dei punti vendita di alimentari; la gente conosce molto bene le proprietà organolettiche di questa pianta originaria dell’America meridionale. Ma è nel campo della medicina che questa pianta della famiglia delle Sterculiaceae sta destando meraviglie. Il cacao ha effetti benefici sulle arterie e sul cuore, ha virtù antidepressive ed ha un potere antiossidante tra i più elevati in assoluto, circa 19 volte più potente di una mela, che notoriamente viene considerata un ottimo antiossidante. Nello specifico il cacao contiene dei composti detti flavonoidi (o flavo noli) che si trovano anche nella frutta di bosco, nel tè, nell’uva e quindi nel vino che aiutano a rimuovere i radicali liberi, molecole che accelerano l’invecchiamento del corpo. Inoltre il cacao sembrerebbe ridurre la pressione arteriosa, agire positivamente sull’aggregazione delle piastrine – un po’ come l’acido acetilsalicilico – ridurre l’insulinoresistenza e lo stato di infiammazione generale dell’organismo, tutte condizioni presenti nella persona in sovrappeso e obesa.A tutto questo va aggiunto ciò che l’equipe di ricerca italiana, guidata da Giovambattista Desideri, direttore della Divisione geriatrica dell’Università dell’Aquila, ha scoperto e pubblicato su Hypertension, rivista dell’American Heart Association. L’équipe italiana ha arruolato novanta anziani con lieve declino cognitivo. I partecipanti sono stati suddivisi casualmente in tre gruppi ed hanno ricevuto quotidianamente per otto settimane diverse dosi di bevanda contenente i flavonoli del cacao: 990 milligrammi, 520 mg o 45 mg.Successivamente dalla dieta degli anziani reclutati, al fine di ottenere risultati più attendibili, è stata eliminata ogni altra eventuale fonte di flavonoli, sostanze antiossidanti contenute, come già detto in precedenza, in altri alimenti. La funzione cognitiva degli anziani è stata in seguito misurata attraverso test neurofisiologici eseguiti su funzionalità cerebrale: memoria a breve e a lungo termine, velocità di pensiero e capacità cognitiva complessiva; il risultato è stato di migliori performance per chi ha assunto dosi medio-alte di flavonoli del cacao rispetto a chi ne ha assunto in minori quantità. Tra i bevitori di cacao in dosi medio-alte, inoltre, si è osservata una riduzione della pressione sanguigna, dello stress ossidativo e dell’insulino-resistenza. Da quest’ultimo cambiamento, secondo i calcoli dei ricercatori, dipende circa il 40 per cento del miglioramento cognitivo.Come asserito dagli studiosi per validare questi risultati servono studi più ampi. Bisognerà determinare la durata degli effetti positivi e meglio definire i livelli di flavonoli del cacao associati per riscontrare ulteriori benefici di salute”.Ecco allora un’altra ragione in più per mangiare, senza esagerare, alimenti a base di cacao. Le dosi indicate dai nutrizionisti, dosi limitate, sono le seguenti: 6,7 grammi al giorno: circa due o tre quadretti di cacao – al 75% o oltre – alla settimana, mentre gli effetti negativi del cioccolato in genere aumentano proporzionalmente alla dose. Un’ultima curiosità è quella che in Europa il cacao si diffuse in maniera repentina a partire dal 700 quando veniva bevuto (solo nell’800 si scoprì come produrlo in forma solida), per le sue proprietà stimolanti sull’intelletto ed euforizzanti. Montezuma capo degli Aztechi offrì a Cortés, come atto di cortesia e benvenuto, l’importante bevanda. Nel raccontare questo episodio a Carlo V, Cortés disse che la bibita gli era stata descritta come una “bevanda divina, che dà resistenza e combatte la fatica, e che personalmente aveva potuto verificarne queste proprietà. Intanto il “cibo degli dei” – come lo chiamava il popolo azteco che lo scoprì – ha raggiunto nel 2011 i 4 milioni di tonnellate di produzione mondiale.