Di Ester Lucchese
Come si evince dall’opera di E. Scalfari, “Per l’alto mare aperto”, l’incontro immaginario con i grandi protagonisti del passato è un dialogo incessante e vivo in cui entrano in sintonia tante anime. L’opera di Scalfari è un affascinante viaggio nella letteratura per carpire il senso della modernità. L’autore per viaggiare dentro di essa e coglierne l’essenza ha bisogno di un mito che ne sia la rappresentazione nei suoi aspetti più profondi. Ulisse è il mito della modernità attraverso quel viaggio che è il suo destino ed il ritorno la sua meta. Siamo ai primi del ‘900. Per J. Joyce il viaggio è inteso come ricerca. Nell’opera, Ulisse, quel mito antico è trasferito in una dimensione moderna. I protagonisti sono eroi comuni che vivono il travaglio interiore della propria epoca ed utilizzano linguaggi diversi a seconda della propria condizione e del proprio stato d’animo: Leopold Bloom, Marion ( la moglie), Stephen Dedalus ( intellettuale / insegnante).
Il romanzo moderno si afferma in Europa con Proust e Joyce soprattutto, i quali sperimentano delle tecniche innovative come il “monologo interiore” ed “il flusso di coscienza” (stream of consciousness). Attraverso questi espedienti stilistici il tempo della narrazione si interiorizza, e diviene tempo psicologico, soggettivo, suddiviso in piccolissime parti, come fossero granelli di polvere. Il monologo interiore è un puro scorrere di pensieri, immagini, ricordi e sensazioni, senza l’intervento di un narratore che ha la funzione di spiegare o chiarire. Il flusso di coscienza riporta tutto nella sua immediatezza non razionale, i periodi appaiono slegati da ciò che precede o segue. Perché Joyce aveva scelto come punto di paragone il poema omerico? Si chiede Scalfari. “Potrebbe essere la necessità di dare una forma ad un testo volutamente caotico affinché il lettore avesse una traccia per orientarvisi”. Oppure un’altra interpretazione più plausibile risulterebbe quella che ritiene l’ Ulisse la controfaccia dell’ Odissea. In realtà nell’Ulisse come nell’Odissea la figura dominante è l’Io che si manifesta nel corso di un tragitto. Non ha importanza se quel tragitto lo si percorre in un giorno o in un arco temporale più lungo, ciò che conta sono i mutamenti, gli incontri, il nascere e l’offuscarsi della coscienza che noi esperiamo. Mentre nell’ Odissea però l’ Io viene costruito, nell’ Ulisse avviene la decostruzione dell’ Io,” il disfacimento della volontà, il prevalere delle emozioni”.
Cos’è stata alla fine la modernità? Conclude Scalari : “E’ stata la civiltà del viaggio, del divenire, della conoscenza, costellata di crisi, incertezze, autosmentite e tuttavia in cammino”!