Di Enzo Carrozzini
La Rai Radio televisione Italiana è concessionaria del servizio pubblico televisivo, i suoi massimi dirigenti (Presidente e Direttore Generale) sono di nomina Governativa, il suo operato è soggetto alla Commissione Parlamentare di Vigilanza che nomina gli altri componenti del consiglio di amministrazione. Attraverso questo meccanismo e per tutti i quasi sessanta anni di programmazione, l’emittente pubblica è stata territorio di conquista da parte dei partiti politici i quali, attraverso le nomine di uomini e intellettuali di “area”, hanno di fatto governato tanto sui prodotti culturali quanto sull’informazione. La logica di sfrenato spoil system ha fatto si che dirigenti e responsabili dell’informazione, incuranti del privilegio detenuto di ricoprire una carica di servizio pubblico, fossero più devoti al potente che li aveva nominati, piuttosto che al servizio degli utenti. La stortura si è perpetrata per anni fino a impoverire economicamente l’azienda pubblica, perché il controllo sistematico su palinsesti di intrattenimento ed informazione è avvenuto ricorrendo a scelte professionali discutibili e intese a emarginare se non estromettere le voci di dissenso di onesti professionisti dalla “schiena dritta”, il cui precipuo scopo voleva essere quello di informare, sottolineare quel che non andava piuttosto che sottoporlo alla sordina.
Emblematico in questo senso è il caso di Enzo Biagi, immenso giornalista e partigiano, collocato a riposo a seguito del famigerato “editto bulgaro” del già Presidente del Consiglio dei Ministri dell’epoca (2002), Cavalier Silvio Berlusconi. Biagi subì tantissimo quella defenestrazione, e a nulla valse il suo ritorno in Tv cinque anni dopo, grazie al mutato clima politico dell’Ulivo di Romano Prodi, troppe maldicenze create ad arte da un certo tipo di stampa assestarono gravi colpi al suo fisico già minato. Nel ventennio fascista si sopprimevano voci del dissenso a colpi di manganello, oggi il manganello mediatico è capace di assestare colpi dalla medesima violenza.
In tempi più recenti ricordiamo il caso di Michele Santoro, che ha dovuto trasferire il suo programma di servizio Pubblico, su di un network di reti private, portandosi dietro ascolti ed inserzionisti pubblicitari. E’ lunga la lista di giornalisti invisi al potente che sono stati collocati proditoriamente a riposo, perché rei di non volersi piegare alla loro legge, ovvero quella di mettere il bavaglio al dissenso. Ma c’era anche chi si prendeva la briga di ridicolizzare l’operato di lor signori, colpendo a destra e a manca senza timore reverenziale, e a questo proposito non si può tacere l’esperienza di Ernesto Bassignano, conduttore radiofonico di Rai Radio1, campione di ascolti nella fascia pomeridiana con il suo programma Ho perso il Trend, collocato anticipatamente a riposo, rispetto a tanti altri colleghi, veri dinosauri dell’informazione, che hanno superato ogni limite di età anagrafica, Una sorta di due pesi due misure di stomachevole scelta politica. Intanto L’azienda televisiva pubblica, già indebolita dai colpi della congiuntura , ma grazie anche alle scellerate decisioni di fare a meno di personaggi capaci di creare audience e richiamare pubblicità, ha perso il suo appeal verso l’utenza la quale si è rifugiata su reti in grado di soddisfare quelle esigenze che il servizio pubblico ormai ha abbandonato. Non conosciamo se il nuovo corso impresso dal Governo Monti riuscirà a dare una svolta, un segnale di discontinuità comunque è stato dato poiché le nomine di Presidente e direttore generale della Rai avvenute settimana scorsa, sono state improntate al massimo dell’equilibrio ma non sappiamo se della competenza.
Ora siamo al completamento dell’organo di coordinamento e guida dell’emittente pubblica nelle figure dei componenti del consiglio di amministrazione. Il segnale di rimandare le nomine a martedì 26 Giugno, lascia ben presagire, perché la Commissione di vigilanza, presieduta dal Senatore Sergio Zavoli, già Presidente Rai e grande giornalista, sta studiando i curricula di coloro che si sono proposti in questi ruoli di grandissima responsabilità e rilievo. Ci risulta strano questo eccesso di importanza che i media nazionali stanno dando ai curricula, in tempi passati di questi rilievi non se ne parlava proprio, ci auguriamo soltanto che non siano “fuocherelli fatui”, ( intesi a convincere l’ opinione pubblica che le cose stiano davvero mutando) , e che la montagna partorisca il solito topolino all’insegna dei veti contrapposti e del compromesso. Noi ci limitiamo solo ad affermare che c’è bisogno di manager che sappiano far di conto e capaci di far ritornare in utile i bilanci dell’azienda, ma per far questo c’è bisogno di audience, c’è bisogno di palinsesti in grado di richiamare investitori pubblicitari, c’è bisogno di persone competenti che sappiano “fare televisione”. Ma se la volontà sarà quella di questi ultimi quattro anni, dovremo prepararci a vedere la Rai privatizzata, con il risultato di veder svendere un patrimonio di storia e professionalità con la giustificazione di non dover pesare sulle tanto decantate, ma mai difese, “tasche degli Italiani”. Desideriamo esprimere l’auspicio che la Rai venga resa libera dagli artigli rapaci dei partiti politici, e riesca svolgere la funzione principale cui dovrebbe tendere, ovvero l’accrescimento culturale e informativo degli italiani. In attesa di questa utopia, ci permettiamo di esprimere un desiderio: vorremmo vedere Renzo Arbore tra i membri del Consiglio di amministrazione. C’è qualche Parlamentare che voglia sponsorizzare questa proposta?