Di Enzo Carrozzini
«Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini». (Piero Calamandrei)
Oggi celebriamo il 67° anniversario della liberazione d’Italia dall’oppressione nazi-fascista. Quel medesimo giorno del 1945 le truppe partigiane liberavano Milano, questo evento ha dato la rappresentatività alla lotta di liberazione, ma tutti gli ultimi giorni di Aprile furono determinanti per il nostro Paese, dalla liberazione delle altre città del Nord Italia, (Torino, Venezia) alla esecuzione del dittatore Benito Mussolini, (mentre Genova era già libera il 24). Così si coronava la guerra di popolo iniziata l’8 settembre 1943, che vide cittadini comuni, militari lealisti, brigate partigiane cattoliche, comuniste, liberali e anche monarchiche rivoltarsi contro l’oppressore tedesco e il complice regime fascista, al cospetto di una monarchia fin troppo accondiscendente ai voleri del dittatore. Non si possono non tacere le violenze perpetrate dal regime contro gli oppositori politici, contro gli ebrei (ricordiamo l’adozione delle Leggi razziali, che comportarono le deportazioni nei campi di sterminio di migliaia di ebrei italiani, quando non furono soppressi nella risiera di San Sabba a Trieste), con gli stessi cittadini scientemente privati di ogni genere di libertà. Fu un periodo tragico di violenze, che determinò la giustificata reazione di chi aveva subito torti e lutti. Il comunista Giorgio Amendola (figlio del deputato liberale Giovanni , oppositore della dittatura, massacrato di botte il 7 Aprile 1926 a Cannes da sicari fascisti) sull’ Unità in quei giorni scriveva: «I criminali devono essere eliminati. Con risolutezza giacobina il coltello deve essere affondato nella piaga, tutto il marcio deve essere tagliato. Non è l’ora questa di abbandonarsi a indulgenze. Pietà l’è morta». Odiamo la guerra e la violenza, ma constatiamo quanto tutto ciò che il nostro Paese ha subito a seguito “del sonno della ragione” che avvolse l’umanità nel corso della Seconda Guerra Mondiale in termini di violenze, vendette e finanche la guerra civile scatenatasi tra vinti e vincitori, ha qualcosa di imperscrutabile e ineluttabile. Tuttavia, il rispetto che si deve a migliaia di persone che si immolarono per difendere una propria idea di Patria, non ci deve far dimenticare chi fosse dalla parte giusta e chi da quella sbagliata. Non osiamo immaginare come sarebbe stata l’Europa in nel caso di vittoria della Germania nazista di Adolf Hitler. Desideriamo ribadire la nostra gratitudine alle donne e agli uomini che hanno combattuto per la libertà del nostro Paese, perché da quella lotta di Resistenza si sono poste le basi della nascita della Repubblica Italiana, e la formazione di quel bellissimo e amatissimo testo della nostra Costituzione. Il giorno odierno va festeggiato da tutti con grande partecipazione, e tramandato alle giovani generazioni, perché orrori come quelli vissuti allora non abbiano più ad accadere, e tanto più forte deve essere l’impegno profuso da ognuno di noi a maggior ragione perché nel periodo che stiamo vivendo, l’inadeguatezza della classe politica ha raggiunto livelli di insopportabilità tali da travolgere quegli uomini e le Istituzioni che rappresentano. Ecco perché sentiamo di sostenere l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, la cui opera meritoria di divulgazione e di ricordo della Resistenza fa si che il patrimonio costituito da quella lotta di popolo non sia disperso. Il sito www.anpi.it è una miniera di informazioni per chi volesse approfondire lo studio di quel periodo storico. Il mensile Patria Indipendente, edito dall’associazione, diretto da Vladimiro Settimelli, è un periodico agile che ricorda il passato ma, contemporaneamente, fornisce precise e pertinenti analisi della situazione politica contingente, affinché quei valori imprescindibili delle Resistenza possano trovare sedimento e soprattutto nuova linfa. A nostro avviso il sito dell’associazione dovrebbe essere adottato come “libro di testo” di storia della Repubblica, affinché gli studenti possano comprendere la storia recente del nostro Paese e arricchire la propria conoscenza e il livello di partecipazione. E’ la partecipazione di quelli che sono venuti dopo che dona un senso alla lotta di Liberazione. “BELLA CIAO”, quel bellissimo inno della resistenza, costituisce il ponte ideale che si instaura tra coloro che presero parte alla Resistenza (purtroppo, oggi. man mano sempre più pochi..), e noi che “godiamo” i frutti di quella abnegazione pagata spesso amaramente… E’ indubbio, poi, che la degenerazione della “mala politica” tenda a farci smarrire il significato intrinseco di questa celebrazione. Pensiamo soltanto che, se ponessimo alla base del nostro agire i medesimi afflati morali e ideali che mossero allora le donne e gli uomini della Resistenza, per una lotta incruenta di Liberazione da un politica che “è solo far carriera”, del “è tutto un magna magna”, e del “sono tutti uguali”, riusciremmo a costruire un Paese più giusto. E se fosse così “Bella Ciao” non sarebbe soltanto una canzonetta commovente, a volte storpiata del tutto inconsapevolmente negli stadi per sostenere la squadra del cuore, ma ritornerebbe ad essere l’ inno di rinascita di un popolo……..