Di Enzo Carrozzini
Facciamo una premessa necessaria per tentare di comprendere l’argomento di cui vogliamo trattare, nonostante le nostre inesistenti conoscenze nel campo dell’economia. Parliamo di derivati. I derivati sono strumenti attraverso i quali gli operatori dei mercati mirano a realizzare ingenti proventi mediante speculazioni sia sui mercati delle materie prime che su quelli finanziari. Potremmo prosaicamente definirli scommesse attraverso le quali questi soggetti giocano al rialzo o al ribasso dei valori delle materie prime, quando la speculazione riguardi il mercato delle merci, quanto il mercato dei valori mobiliari negoziati nelle Borse Valori, e possono riguardare titoli di Stato, di società, divise (valute nazionali). Queste attività sono in grado di condizionare le scelte delle società determinandone i successi o perdite, cosi come condizionare la vita di milioni di cittadini e dei bilanci degli Stati in cui vivono. La crisi dei “Subprime” americani nel 2008, ad esempio, ( prodotti finanziari, a loro volta oggetto di speculazione, rappresentanti mutui che le banche concedevano a privati cittadini), è l’emblema di questi sconvolgimenti, ed ha provocato una crisi economico finanziaria senza uguali dalla quale il mondo ancora oggi non è venuto fuori.
Massimo Giannini, Vicedirettore del quotidiano nazionale “la Repubblica”, stamani nell’inserto Affari e Finanza, affronta un questione di grande valore informativo che suscita , altresì, serie riflessioni di natura etica cui organi dello Stato, per loro stessa natura, dovrebbero uniformarsi. Però abbiamo scoperto che non sempre è così…
Giannini richiama un intervento sul quotidiano di domenica scorsa, del Professor Alessandro Penati, ordinario di scienze dell’economia e della gestione aziendale all’’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano, il quale, alla notizia che lo Stato Italiano ha dovuto rimborsare alla Società Morgan Stanley una somma di 2,6 miliardi di euro derivante da perdite su derivati, si domandava se fosse moralmente giusto che lo Stato impegnasse anche soltanto una piccola parte di denaro pubblico(rispetto alla massa del debito complessivo) in operazioni finanziarie speculative di grande rischio, che con l’economia reale non hanno punto a che vedere. Né è dato di sapere se lo Stato ci guadagni o ci perda. Il Governo si è premunito di rispondere ad una interrogazione Parlamentare che chiedeva a quanto ammontasse la cifra “investita” in questa forma finanziaria, soltanto nella giornata di Giovedì 22, ovvero dopo che la notizia è divenuta di dominio pubblico. Si è appreso che la somma impegnata dallo Stato in titoli derivati ammonta a 160 Miliardi di Euro, una cifra notevole che contribuisce ad accrescere il debito pubblico e gli interessi che su questo devono pagare tutti i cittadini italiani. “Tesoro ed enti locali –scrive Giannini- hanno aumentato a livelli esponenziali il ricorso ai derivati. Ma la scommessa è andata malissimo. Le perdite su questi titoli hanno fatto lievitare il costo degli interessi sul debito di circa 6 Miliardi negli ultimi cinque anni…”. In definitiva è come se lo Stato giocasse al “superenalotto” sui mercati finanziari, non si può non nutrire disappunto per questa sorta di “azzardo morale di cui finiscono per pagare il conto gli italiani” conclude Giannini. Viene da domandarsi perché la pubblica amministrazione(quanto a livello locale che nazionale) pur conoscendo i rischi connessi a queste forme di finanziamento abbia continuato a ricorrere alla pratica dei derivati, nonostante i media abbiano cercato di alzare l’attenzione suli casi. Ricordiamo la trasmissione televisiva di Rai3 “Report” di Milena Gabbanelli ha sollevato la coltre di ignoranza mettendo in evidenza casi di amministrazioni comunali invischiate nei “derivati”. Stupisce che sia ricorso a questa pratica anche il Tesoro, che annovera trai suoi dirigenti uomini responsabili di cosa e quanto comprare, che provengono dalle stesse banche d’affari dalle quali si acquistano quei derivati.
Concordiamo con Massimo Giannini quando chiede al Presidente del Consiglio Monti, Ministro ad Interim del Tesoro, di attivarsi per ridurre anche questi “differenziali” di etica pubblica…